(M. Pinci) – Basta un vetro a tenerli fuori tutti. Una volta si sfidavano a colpi di coreografie d’effetto e slogan brucianti, a sorpresaoggi i tifosi di Roma e Lazio formano un fronte comune contro le norme indigeste imposte dal prefetto. Benvenuti a Roma, benvenuti al primo derby senza ultrà. Non è ancora certo che le due curve manterranno la promessa di disertare l’Olimpico in blocco: lo scopriremo soltanto al fischio d’inizio. Ma la città deve iniziare a prepararsi: la sfida più calda giocata nel gelo di uno stadio semideserto non è più solo un incubo. E’ un guanto di sfida tirato in faccia al nemico comune”, il prefetto Gabrielli. Ma anche alle due società.
I motivi? Gli stessi, da una parte e dall’altra prima di tutto, la barriera che divide a metà le due curve, spaccando il sentimento di unità che le unisce da sempre. Privare dello spettacolo sugli spalti la gara più vista della stagione è il loro modo per attirare l’attenzione, far parlare di sé e delle limitazioni che ritengono inique. «Invitiamo tutta la Curva Nord a non entrare – chiedono i laziali – per dimostrare il grave danno perpetrato ai tifosi della Lazio». Quel vetro che taglia longitudinalmente le due curve rendendo inaccessibili le scale di cui molti nemmeno ricordavano l’esistenza, è per lo Stato lo strumento utile a riprendersi un territorio divenuto negli anni zona franca, per rendere più controllabile il settore e identificabili gli ultrà. Per i tifosi però è lo stupro di quella che chiamano «casa nostra». Accompagnato da atteggiamenti ritenuti provocatori, quando non addirittura repressivi: perquisizioni fin nelle scarpe, anche a donne, anziani e bambini, che creano file lunghissime e inevitabili malumori anche prima di un’amichevole. E poi le multe da 148 euro a chi non è seduto al proprio posto, con minaccia di daspo in caso di reiterazione. Persino la diffida per un dito medio a un poliziotto o un fumogeno acceso fuori dallo stadio. Troppo per i tifosi della Roma: «Non siamo in vendita», ripetono, e non si capisce con chi ce l’abbiano. «La Roma ci tuteli», chiedono, minacciando di non abbonarsi più. Ma la Roma, non può far altro che urlare al telefono con istituzioni sorde. I laziali hanno lasciato vuoto il settore solo all’esordio col Bologna, ma sono arrivati a sottoscrivere la tessera del tifoso pur di tornare dopo 8 anni in trasferta, per andare in 2mila al Mapei Stadium: «Perché lì non ci sono barriere». Ma questura e prefetto non hanno in agenda retromarce. Così questo strano derby senza ultrà rischia addirittura di non restare unico.