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IL MESSAGGERO Garcia: “Pallanuoto, non calcio”

Garcia
Garcia

(A. Angeloni) «Non è affatto possibile parlare di questa partita perché non è stata una partita, abbiamo giocato a pallanuoto». Poche parole, ma ben chiare. Una polemica grande così, per gli avversari potrà sembrare una scusa ridicola. La rabbia di Garcia non è legata a un rigore dato o non dato o di un Rocchi qualsiasi che ti fa infuriare per il suo atteggiamento indisponente, il suo non è nemmeno il suono ironico della solita musica già “sviolinata” a Torino lo scorso 5 ottobre dopo la sconfitta contro la Juve. Garcia compone un rabbioso inno al calcio. Secondo Rudi, il calcio, a Bologna è stato il grande assente. La Roma manda nella varie sale interviste solo Garcia e Maicon. Un segno di protesta, di poca voglia di dialogare. Società, allenatore, giocatori, un po’ tutti, avevano espresso grossi dubbi all’arbitro sulle condizioni del campo già prima della partita. Anche dopo il sopralluogo di Rocchi, si capiva che la situazione era al limite e che con il tempo poteva solo peggiorare. E così è andata. Durante la gara e nell’intervallo, si è provato a far ragionare l’arbitro ma non c’è stato nulla da fare. Quando una partita comincia, con i calendari così compressi, difficilmente viene interrotta, a meno di diluvio universale (vedi Catania ai tempi di Luis Enrique). Garcia protesta, per la controparte (il Bologna) è una scusa, significa solo forzare la mano. La squadra di Donadoni ha interpretato la partita per quella che doveva essere, la Roma ci è riuscita solo nella ripresa. Scusa, non scusa, il sasso ormai è lanciato. Capello una volta, dopo un pari sciatto a Siena, disse che la Roma aveva trovato difficoltà per il campo troppo stretto, succede che un allenatore vada oltre il reale. Ma il campo di Bologna non era davvero un granché e ognuno è libero di pensare che il pari sia arrivato per questo motivo, specie l’allenatore della Roma.

MORDI E FUGGI Il tecnico arriva, parla pochi secondi, si alza e se ne va. Irritatissimo. Garcia non capisce, non si spiega. 1) Perché il campo non è stato protetto adeguatamente, visto che da almeno cinque giorni si sapeva che questo sabato bolognese sarebbe stato sufficientemente piovoso. 2) Perché, dopo il danno dovuto all’assenza dei teloni, si è scelto di andare comunque in campo, con il pallone che sembrava la palla pazza che strumpallazza. Quando la sfera (così la chiamavano i vecchi cronisti) non rotola, non esiste calcio. Per Garcia non era calcio nemmeno quello che si giocò sul sintetico (ricordare lo sfogo dopo la vittoria di Cesena nella passata stagione) e quanto sarebbe servito stavolta un campo come quello. Ormai è acqua, sì è il caso di dirlo, passata. «Speriamo di giocare una partita vera e non di tamburello», la speranza di Mauro Baldissoni, dg della Roma, prima del match. Alla fine è stata una gara di tamburello e pallanuoto.

RUDI AL VELENO «Questa è stata una parodia di calcio non una partita, come si fa a giocare così? E’ water-polo con i piedi, si pensava solo a spingere la palla in avanti. Abbiamo provato a chiedere all’arbitro di interrompere il match. L’unica cosa positiva è che non ci sono stati infortunati, per noi tutto è stata una lotteria. Potevamo vincere, potevamo perdere. Abbiamo pareggiato». L’unico aspetto positivo è stato l’abbraccio ideale del Dall’Ara a tutto il popolo francese. La Marsigliese ha colpito. «E’ stata un’emozione forte, forse l’unica cosa che mi è piaciuta in questa serata. Ringrazio il calcio italiano per l’idea di far suonare il nostro inno prima di ogni partita. E’ il segnale che siamo tutti uniti. Ora dobbiamo vivere normalmente ed è l’unica risposta da dare».

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