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LA REPUBBLICA Il progetto americano sta fallendo

Pallotta
Pallotta

(F. Bocca) Un pezzo alla volta. La Roma americana si sfascia così dopo quattro anni e mezzo e un ultimo calvario di passione: i 6 gol del Barcellona, lo 0-0 in casa col Bate (Bate chi?), lo Spezia che arriva in un Olimpico vuoto e fa fuori ai rigori dalla Coppa Italia i fenomeni a chiacchiere. Di Rudi Garcia, il Capitan Fracassa del calcio italiano, resta solo qualche frase a effetto: «Spingerò la squadra fino alla morte». Che sa di cupo malaugurio e peggiora perfino la situazione. Resiste disperato e anche molto stressato l’allenatore francese, ma fieramente attaccato al contratto che gli vale 8-10 milioni almeno per altri tre anni.

Dimettersi? Mai. Fino alla morte, appunto. Lo scorso anno Garcia annunciava scudetti, scendeva in battaglia ad ogni partita, bacchettava gli arbitri, sfidava tutto e tutti, oggi è impaurito, annaspa negli alibi (il top? «a Bologna abbiamo giocato a waterpolo») e non riesce nemmeno a venire a capo di una partita con una squadra di metà classifica in serie B. Ha preso talmente tanti schiaffi a Barcellona che per paura ha finito per soffocare la Roma stessa: dribblatori come Gervinho e Salah o combattenti come De Rossi e Nainggolan che hanno paura di fare un passaggio, un tiro in porta. Le radio che Jim Pallotta rimproverava dopo il Bate di aver avvelenato il clima e aizzato i tifosi alla contestazione e all’abbandono dello stadio subito dopo il fattaccio esplodevano: “So’ 40 giorni che non tiriamo in porta!”. È vero, il simbolo della Roma di oggi – una squadra fatta e rifatta in un mercato eterno e confusionario – è Edin Dzeko, centravanti costato parecchio e ora trasformato in un paracarro piantato sul dischetto del rigore. Lui e Pjanic dopo aver sparato alti i loro rigori, portano adesso il peso della croce. In questi casi la squadra si divide, finisce che ognuno pensa per sé e al limite si cerca un’altra squadra. I tifosi sognano Ancelotti, romanista sì ma pure uno che guadagna dieci milioni stando in vacanza. Circolano i nomi di Spalletti e di Lippi. Spalletti se ne andò per disperazione sei anni fa. Lippi è pronto a tornare in mischia. La Roma fa gola eccome.
La crisi viene da lontano, almeno un anno, ma la parola d’ordine è resistere, con un allenatore dimezzato e una squadra da oltre 100 milioni di ingaggi. E un Totti alla soglia dei 40 anni impotente in tribuna, costretto a vedere la sua Roma che si sfascia. Ma quello che più fa male al cuore del capitano è lo stadio vuoto, i tifosi dello Spezia che applaudendo e urlando coprono addirittura i fischi inferociti dei dispersi tifosi romanisti. Il tifo passionale sparito, la Curva Sud deserta. La Roma americana sta fallendo il progetto, non sarebbe da meravigliarsi se presto Pallotta & C levassero le tende. Nuovo stadio compreso. Due secondi posti sono un bel risultato, ma in Italia “il secondo è il primo dei perdenti”: lo diceva Enzo Ferrari, il calcio lo ha copiato. Fossero circolate meno chiacchiere e si fossero vendute meno illusioni adesso sarebbe tutto più accettabile.

 

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