(S. Carina) – Lentamente se ne stanno accorgendo tutti. Non sarà il primo, il secondo o il terzo, ma uno dei grandi problemi della Roma di quest’anno è che la squadra, da novembre in poi, ha smesso di correre. Non serviva vedere in campo Florenzi (atleta straordinario) dopo una ventina di minuti con le mani sulle ginocchia, Maicon al quale bastava molto meno per andare in apnea,Dzeko che manca di brillantezza nel breve o Digne che se prima si sganciava almeno 7-8 volte a gara in avanti, ora è già tanto vederlo arrivare un paio di volte al cross sul fondo. E non bastavano nemmeno i numeri: dalla decima giornata, la Roma è diventata la squadra che percorre meno chilometri (97,9) in serie A. Solo il Carpi fa peggio di lei. Il Napoli, secondo nella speciale graduatoria, viaggia a 108,4. Dopo che per qualche settimana si è cercato di giustificare – dentro e fuori Trigoria – l’involuzione atletica con il solito problema di testa,ora le dichiarazioni dei diretti interessati non lasciano più dubbi. Non sono in pochi che stanno uscendo allo scoperto. Inizialmente De Rossi («Le gambe non giravano») e Garcia («Non avevamo le gambe»). Poi Pjanic («Le gambe erano pesanti»). Ancora Garcia, prima nel pre-garacol Genoa («Dopo la sosta c’è da cambiare il ritmo degli allenamenti») e poi nel post («Con poca benzina ma con le risorse mentali, abbiamo vinto») quando si è unito senza peli sulla lingua anche Florenzi («La benzina non c’era ma abbiamo sopperito con l’anima»).
SOLITA STORIA E’ un film già visto. Che sia la mancanza d’intensità negli allenamenti, l’età medio-alta e conseguente logorio fisico di parte del gruppo (come fanno trapelare da Trigoria), il fatto che Garcia abbia deciso di puntare su una rosa ristretta (11-14 elementi), la scarsa sintonia tra staff francese e quello canadese-americano o una nuova metodologia di lavoro che fatica ad imporsi, il problema c’è e va risolto. Capitolo a partemeritano gli infortunati. Se per i ko di natura traumatica ci si può appellare (in gran parte) alla mala sorte (Szczesny, Ruediger, Dzeko, Ponce, Salah, Capradossi, Iago Falque, Strootman e Keita) per quelli di natura muscolare è più difficile. Dall’inizio dell’anno per 10 volte Garcia non ha potuto convocare dei calciatori (per una o più gare) per noie muscolari. Durante Roma-Spezia, Castan, Palmieri e Uçan, hanno finito con i crampi. Pronta la difesa d’ufficio: è normale, giocano poco. Domanda lecita: e in settimana non si allenano? Perché alcune riserve dello Spezia hanno corso per 120 minuti? Come se non bastasse, anche la gestione degli infortuni a volte lascia perplessi (su tutti, Gervinho) con qualche ricaduta di troppo. Situazioni che creano imbarazzo aTrigoria perché chiamano in causa l’uomo scelto direttamente dal presidente Pallotta (con la supervisione di Lippie), il preparatore atletico Norman. Che poi è più di un preparatore atletico: in realtà gestisce tutto lui. Il medico sociale Ripenhof (consigliato proprio dal canadese) è un ologramma mentre Del Vescovo, non essendo un medico dello sport ma un radiologo (non siede nemmeno in panchina con i calciatori ma in quella a fianco e al suo posto a entrare in campo è il dottor Antonucci, degli Allievi Lega Pro) non può che attenersi alle sue disposizioni.