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IL TEMPO Garcia resiste ma non convince

Garcia
Garcia

(A. Austini) «Ci preoccupa la fragilità, l’incertezza e la poca prepotenza della squadra». Il dg Baldissoni parla prima di Roma-Milan ma è come se l’avesse già vista. Un primo tempo più che dignitoso, un crollo inspiegabile e totale nella ripresa. Giocatori abbattuti fisicamente e mentalmente, messi sotto da un avversario tutt’altro che irresistibile, impossibile non attribuire colpe all’allenatore e al suo staff.

Ma Garcia resta lì, fino a prova contraria, perché la società non ha trovato un sostituto degno e preferisce cambiare guida tecnica a fine stagione, quando saranno in molti a fare delle riflessioni. «I risultati condizionano le scelte relative a tutti – specifica Baldissoni – ma non possiamo limitarci a una sola partita, dobbiamo vedere il lavoro complessivo». E intanto la classifica si fa malinconica, con la prospettiva di giocare un intero girone di campionato e un doppio ottavo di Champions col Real che mettono angoscia solo a pensarci.

Rudi prova a tenere insieme i cocci, ma inizia fare molta fatica e non lo nasconde. «Sembravamo Dr. Jeckyll e Mr. Hyde – dice il francese a fine partita – nel primo tempo meritavamo di vincerla, nella ripresa di perderla. In serie A serve continuità, ma la luce si è spenta sia fisicamente che tatticamente. Non può succedere a questi giocatori e questa squadra, dobbiamo farci delle domande e trovare delle soluzioni. Non me l’aspettavo un calo del genere». Il problema è senza dubbio mentale, anche se non è l’unico. «Quando si gioca senza fiducia – l’analisi dell’allenatore – e con la paura non si fa bene. Ci dobbiamo aiutare da soli, finché non mostriamo più personalità non riusciremo a migliorare. Bisogna stare meglio fisicamente per rendere, ma ciò non toglie che m’aspetto di più dai miei. La squadra lotta, ma se arretra troppo la difesa e l’attacco resta davanti a centrocampo si crea il vuoto. Non siamo stati capaci di continuare a pressarli, abbiamo abbassato il baricentro e forse non avevamo le gambe per farlo ancora. Abbiamo sbagliato tanti passaggi, una cosa incredibile per un gruppo della nostra qualità: non si possono fare così tanti errori».

Oltre alla testa le gambe non girano più. Inspiegabile ad esempio la scelta di tenere in campo 90 minuti De Rossi, che ha giocato quasi da fermo. E poi Florenzi, Digne, Nainggolan (costretto a mangiare miele all’80’) e Pjanic, talenti dissolti e imballati. «Il problema non è solo atletico – spiega Garcia – ma anche tattico e tecnico, però non è bello vedere in campo giocatori che non stanno bene per tutta la partita. Cercheremo di lavorare nelle due settimane piene che abbiamo davanti fino alla Juve, ma prima bisogna battere il Verona. Siamo a metà campionato, nulla è ancora perso, però se vogliamo accorciare sulle prime dobbiamo fare di più».

Inevitabile la domanda sul possibile esonero. «È la mia ultima preoccupazione, devo pensare a come far migliorare la Roma. Io do il meglio di me, il resto non mi interessa. Fino a novembre abbiamo giocato benissimo, adesso ci riusciamo solo a corrente alternata. Il gruppo dà tutto anche se a volte manchiamo di un po’ di “riflessione” quando ci mancano i leader. Un problema mentale c’è perché siamo stati diverse volte in vantaggio e poi ci hanno raggiunto. Il “clic” che chiedevo alla vigilia non è arrivato. Se vedo i ragazzi rassegnati? No, altrimenti avremmo perso la gara. Nel calcio non c’è mai un lungo fiume tranquillo, quando arriva il momento di soffrire bisogna essere più determinati e compatti». I romanisti, intanto, non ce la fanno più a ingoiare delusioni e l’Olimpico è tornato a fischiare ferocemente alla fine della gara col Milan. «È normale che i tifosi non siano contenti per il secondo tempo, nemmeno io lo sono». Separarsi, forse, è l’unica soluzione. Eppure giugno sembra lontanissimo.

 

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