(L. Valdiserri) – La Roma è l’unica squadra, tra le grandi, ad aver cambiato l’allenatore. Fuori Garcia, dentro Spalletti. Una mossa poco «americana», resa necessaria dall’obbligo di arrivare almeno terzi. Altri erano i programmi a inizio stagione, ma bisogna adattarsi alla realtà, che non è sempre quella che si sognava. Spalletti ha riportato entusiasmo in gran parte della tifoseria, almeno quella da tv, visto che l’Olimpico resta sempre mezzo vuoto. Sabatini ha aggiunto un mercato di riparazione migliore di quello della stagione precedente: Perotti, El Shaarawy e Zukanovic contro Doumbia, Ibarbo e Spolli. La buona sorte ha dato una mano con il rigore sbagliato da Berardi all’87’ di Sassuolo- Roma e la traversa colpita da Cassani in Roma-Samp al 90’: potevano essere due punti, sono rimasti sei.
La nuova Roma è più duttile: Spalletti varia la difesa a 3 e quella a 4. C’è una maggiore attenzione alla tattica e qualche allenamento in più. Il punto interrogativo è il recupero di chi finora ha deluso (Dzeko, 3 gol, l’ultimo su azione il 30 agosto), di chi deve lottare con la carta d’identità (Totti, solo 213’ giocati) e di chi esce da un lungo infortunio (Strootman, ultima partita il 25 gennaio 2015). La Roma può permettersi di aspettarli? Il morale alto, però, è una gran medicina. La Roma ha comprato e venduto tanto, comprese le altissime procure pagate per portare qualche ottimo giocatore e qualche Iturbe. Tutto legale, trasparente e a bilancio, ma non vincente. Non è stato creato un gruppo «storico», come ha fatto la Juve, anche se il settore giovanile continua a produrre buoni giocatori. La Primavera di Alberto De Rossi, ieri, si è qualificata per gli ottavi di Youth League battendo 4-0 il Salisburgo. Giovani che meritano fiducia e che a Romaspesso non la trovano.