(T. Carmellini) Sconfitta, ma a testa alta. Dai fenomeni del Real Madrid contro i quali la Roma ha giocato alla pari per tutta la partita dimostrando di meritare questi ottavi di Champions: o almeno il diritto di giocarli. È la sintesi di un serata che poteva finire diversamente se la squadra di Spalletti fosse stata più concreta negli ultimi metri (vero Salah?), se non avesse sbagliato troppo nell’area avversaria, se l’arbitro fosse stato più lucido (manca un rigore ai giallorossi) e se non si fosse distratta nell’occasione del secondo gol firmato Jesè che ha complicato maledettamente le cose in vista della gara di ritorno. Ma con i se e con i ma non si va molto lontano e Spalletti, che ha il merito di aver rialzato questa squadra morta che lascia l’Olimpico tra la standing ovation dei suoi tifosi (altro che fischi dell’era Garcia), lo sa bene. A Madrid l’8 marzo per i giallorossi si prospetta un’impresa impossibile, perché Ronaldo & Co. in casa fanno ancora più paura. Peccato, perché alla fine la differenza l’ha fatta un tiro in porta del Pallone d’Oro sporcato da Florenzi e la maggior abitudine degli spagnoli di giocare questo tipo di partite. Ma il segnale è chiaro e la crescita di questa squadra costante, una cosa che può far ben sperare per il futuro: avanti così.
ATTACCO BASSO, SALTA DZEKO Spalletti a sorpresa tiene fuori Dzeko giocando la carta dell’attacco «mignon». Dentro Salah e El Shaarawy dietro all’unica punta che stavolta è Perotti. A centrocampo spunta Vainquer con De Rossi non ancora al cento per cento che si accomoda in una panchina fatta di campioni: con lui anche Totti, Maicon, Keita, De Sanctis e Dzeko ovviamente. Nel Real di Zidane rientrate invece molte delle assenze della vigilia e alla sfida non prendono parte solo Pepe e Bale.
PRIMO TEMPO ALLA PARI Senza paura, esattamente come Spalletti aveva chiesto ai suoi. La Roma se la gioca a testa alta, corre veloce, spinge sulle fasce e fa capire al Real che non sarà vittima sacrificale. Ma ogni volta che i madridisti affondano c’è da stare preoccupati. Ronaldo, Benzema e James sono una potenza di fuoco che farebbe tremare chiunque: figuriamoci una delle difese più battute del campionato (o almeno lo era prima dell’arrivo di Spalletti). La retroguardia giallorossa tiene e il primo tiro del Real arriva dopo 34 minuti di gioco (invenzione al volo di Marcelo che blocca il cuore in petto agli oltre 55.000 romanisti aggrappati alla speranza): già questo vuol dire qualcosa. La Roma invece fa paura quando affonda in velocità, Salah è una rognosa spina nel fianco sinistra della squadra di Zidane che da quella parte soffre più volte: ma all’egiziano, così come a tutti giallorossi manca sempre qualcosa per svoltare. Il bilancio è un primo tempo che si chiude sullo 0-0 con i due portieri inoperosi.
LA SVOLTA TARGATA RONALDO E la cosa nella ripresa non cambia: il Real tiene palla, ma è ancora la Roma a far vedere le cose migliori e a arriva più volte dalle parti di Navas. Poi il gol che cambia tutto: Ronaldo non è uno qualsiasi e Florenzi fa quel che può: soffre il cambio di passo del portoghese e sporca in modo decisivo la botta a rete che piega Szczesny e ammutolisce l’Olimpico. 1-0 che sta strettissimo alla Roma che accusa il colpo ma non molla, resta lì e continua a giocare il suo calcio: al quale però mancano sempre e ancora gli ultimi metri. E in Champions queste cose si pagano a caro prezzo: peccato.
SVISTA E COLPO DI GRAZIA La Roma però resta in piedi e lo stadio finalmente torna a spingere la squadra. Spalletti non si da pace, urla come un matto, chiede attenzione ai suoi che però continuano a sprecare lì davanti e cambia: fuori El Shaarawy dentro Dzeko. Il bosniaco inizia a fare il suo: contrasta, fa sponda per i compagni ma anche stavolta non trova il guizzo nelle due (2) palle buone che gli arrivano sui piedi. Quindi l’episodio che avrebbe potuto cambiare la gara: entrata dura di Carvajal su Florenzi in area ma per il ceko Kralovec va tutto bene. Rigore solare, l’Olimpico esplode, Spalletti si strapperebbe i capelli se li avesse, ma è andata così: arbitro peggiore in campo. Poi, proprio mentre la Roma da il meglio di sè, arriva l’immeritato gol della beffa che di fatto chiude i giochi: o quasi. Lezione fin troppo dura per questa buona Roma.