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LA REPUBBLICA Il finale sbagliato di Totti. Spalletti lo lascia a casa: “Faccio rispettare le regole”

Totti e Pjanic
Totti e Pjanic

(E. Sisti) Il tema è un altro, il Palermo è un intralcio, al terzo posto penseranno più avanti. Siamo alla fine di un’epoca. Sembra una partita d’addio. C’è una bandiera sbrindellata di fresco che continua a sventolare sopra l’Olimpico e sventolando continua a sbriciolarsi. In campo Totti non c’è (sta in tribuna) ma parlano solo di lui. Mentre i suoi compagni cercano la quinta vittoria consecutiva senza incontrare ostacoli, non c’è un solo tifoso che non venga sfiorato dall’ombra del capitano in dismissione. Totti è sempre travolgente. Ma stavolta il talento non c’entra. Contano l’inquietudine di un campione che parla da 30enne e gioca da 40enne, vagamente scollegato dalla realtà e dalla condizione dei suoi snodi, vertebre, ginocchia, tendini. Al Tg1 rilascia dichiarazioni d’insofferenza: «Chiedo rispetto, non posso finire così, certe cose vanno dette in faccia». Spalletti lo affronta, lo caccia dal ritiro e lo esclude dalla convocazione. «Lui parla di rispetto – dirà a fine serata – ma se rispetto lui non rispetto gli altri 25. Mi hanno chiamato perché le cose qui andavano male. Devo far rispettare le regole, il lavoro, la squadra. Mi dispiace, Francesco sa che qualsiasi cosa vorrà fare nella Roma io sarò con lui». Una segnale di pace, forse, chissà.

Ma Spalletti oggi non può garantire a Totti un ruolo per domani. Lo disse appena arrivato: «Sono l’allenatore della Roma, non di Totti». E visto che secondo il ds Baldissoni «la società fa e pensa quello che fa e pensa il suo allenatore », è la Roma che di fatto esclude il suo capitano scaduto. «Non c’è niente di punitivo, Totti è inscindibile, con lui nessuno strappo », precisa Baldissoni. Allora c’è qualcosa che non torna. Declassato a peso da sopportare, un Totti liquidato metterebbe a rischio gli abbonamenti e cancellerebbe per sempre il doppio e funzionante brand (Totti & Roma). Ma bisognerà abituarsi. Le leggende restano ma smettono di giocare. Certo l’utilità del “botto” polemico in termini agonistici è meno di zero e il ritorno d’immagine impietoso. Neppure Pallotta aiuta Totti e l’ambiente, non si sbilancia, non dice hai ragione o hai torto: «Io rispetto Totti, parleremo presto». Più che la garanzia di un rinnovo sembra la velata conferma di un’attesa o programmata frattura.

Totti non si ritrova più, si sente di troppo, non vive un presente abbastanza rassicurante per ritardare il momento in cui dovrà pensare al proprio futuro, quello senza calcio, che lo terrorizza. La sua exit strategy può trovare alleati in Nord America (lì il mercato è ancora aperto e il campionato inizia a fine marzo): pare ci sia qualche club di Major League Soccer pronto a ingaggiarlo anche subito. Ma è questo il finale che merita? Stimoli finti e soldi veri? Ha quasi 40 anni, l’età è un baratro, se l’età non contasse Altafini e Pelè sarebbero ancora convocati, se l’età non contasse il cuore di un essere umano migliorebbe con l’esperienza e invece è l’esatto contrario. Invece Totti parla da adolescente, senza dirlo fa capire che «gli stanno facendo passare la voglia di giocare». Totti pensa a quello scarpino attaccato al chiodo e si sente male, ma quello scarpino si sta arrampicando da solo sulla parete della stanza di Trigoria in cui il capitano serba i propri cimeli. L’età non fa sconti e gli acciacchi non dicono bugie. Della gestione del suo declino si parla da almeno cinque anni (da Baldini a Zeman, allo stesso Garcia). Le persone che occupano i posti allo stadio non la pensano allo stesso modo. Qualcuno fischia Spalletti, altri fischiano chi fischia. Totti conosce la verità su se stesso ma non può raccontarla altrimenti la barca che culla il suo “fanciullino” affonderebbe. Resta Peter Pan, ma un Peter Pan con le gambe sempre più pesanti. Lo scorso anno, a Rotterdam ammise: «Ancora una stagione e mezza». Come da contratto. Nessuno ci fece caso. Già, e poi che faccio? Non ce lo vedi Francesco commentare una partita in televisione. E così si è arrivati al paradosso di vedere Totti entrare nel dopo-Totti da calciatore ancora in attività, con quei quattro inutili, fatali minuti col Madrid. Dopo tanta luce regalata, si sarebbe potuto permettere il lusso di prevenire il buio di questo probabile addio con un arrivederci più sereno e maturo, più pensato. I piedi restano, la fantasia pure, ma il corpo no, il fisico dice aiutami. Totti non può più esprimersi ai ritmi della giovinezza, perché è così che funziona per tutti. Quattro minuti sono brutti. La pensione andava preparata meglio. Ora il sipario è stato strappato. Proprio non doveva finire così.

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