Da professionista ha accettato di restare a Roma ad allenarsi con pochissime speranze di giocare, superato nelle gerarchie anche dall’«eroe» Gyomber. Da uomo ha preso coscienza dei suoi limiti attuali, ma invece di cadere in depressione si è messo a lavorare più forte di prima e così Castan ha assunto una sorta di personal trainer per i compiti a casa: «Da una settimana mi affido ad uno specialista italiano che mi fa fare esercizi di postura ed equilibrio. Sono un po’ lento, è vero, ma sono totalmente recuperato dall’operazione. Mi alleno tutti i giorni e faccio quello che fanno i miei compagni. Non ho alcuna limitazione».
Aveva chiesto di essere trattato al pari degli altri giocatori e non sono mancate le critiche, con tutte le attenuanti del caso, quando ha fallito gli appuntamenti col campo. Lui è stato il primo a rammaricarsene: «Sarò soddisfatto solo quando potrò tornare titolare. Non ho perso il posto perché stavo giocando male, ma per colpa della malattia. Lotterò fino alla fine». Qui, nel posto in cui si sente a casa e dove è passato dal picco più alto a quello più basso della carriera: «Non vado via perché voglio continuare a giocare nella Roma e perché non accetto di giocare ad un livello più basso di quello che sento mio. Andrò via solo quando mi diranno che non vogliono più tenermi. Il mio sogno è vincere con la Roma». Il Brasile può aspettare: «Lì tutti si aspettano il Castan di due anni fa. E se tornerò darò la priorità al Corinthians». La sua vecchia squadra, che lo aveva cercato a gennaio quando si stava concretizzando l’idea di un prestito per la rinascita: «Ci sono state molte voci di mercato, ma nessuna proposta concreta. Hanno cercato mio padre, ma non voglio tornare al Corinthians in questa fase di recupero».