(E. Sisti) Il capolavoro continua, l’opera d’arte finisce in un magazzino per restauro. Tanto Spalletti, tanta Roma, pure un palo di Totti che gioca mezz’ora. E di Fiorentina solo polvere, polvere senza stelle sporcata da incomprensioni, affanno e smarrimento. Quindici minuti di graffi sulla tela, di pizzichi, di frustate iconoclaste, di unghiate che scrostano i colori viola. La Roma impiega un quarto d’ora, dal 22’ al 38’ del primo tempo, per definire i ruoli spaccando in due la partita con ritmi vorticosi. In quel frammento di grande calcio, dove Pjanic sembra Totti, non c’è partita, al di là delle sviste arbitrali (Salah in fuorigioco in occasione dell’1-0, un mani sospetto di Florenzi) e degli infortuni (Vecino, Valero). Il resto della gara è una conseguenza o un ampliamento del divario di giornata. La nuova Roma conquista, la Fiorentina assiste facendo qualche capriccio e spacciandolo per ribellione.
Nell’estasi condivisa del modulo variabile, o friabile, le squadre avevano iniziato caute stringendo lo spazio per i respiri e le illusioni dell’altra. Ma il dinamismo della Roma covava. Si capiva anche a occhi chiusi che presto sarebbe cominciato un altro spettacolo. L’indicatore più attendibile era la rapidità d’esecuzione collettiva che ricordava i tempi di Strootman, se non addirittura quelli di Perrotta e Taddei, mentre il dinamismo della Fiorentina era solo un appoggiarsi all’avversaria, senza slanci o invenzioni dell’ultimo metro. In quel drammatico momento di consegna delle armi la Roma ha bucato con El Shaarawy, Salah e Perotti e la Fiorentina ha gettato la spugna buttandola sul ring come se scottasse. Appariva evidente che non vi fosse uno solo metro quadrato di prato presidiato dai quattro difensori e dai due centrocampisti più bassi di Sousa che non potesse essere fonte di preoccupazione. Fasce e centro, esterni e centrali, la Roma sfondava giocando palla a terra in piena trance da prestazione.
Quando Roncaglia s’immola su Salah al 17’, il vento è già di fatto cambiato. Ispirato e introvabile, Pjanic apre la scatola con un dolce travestito da coltello, palla filtrante per Salah (in fuorigioco) che crossa basso per El Shaarawy. La Fiorentina è un corpo in bambola. Raddoppia Salah. Perotti coglie il palo. La reazione che Sousa chiede si ferma a una rovesciata di Kalinic. La Roma ringhia per default ormai e il gruppo viaggia a ritmi insopportabili per chi vorrebbe contrastarli, le fasce viola sono terre d’ansia malgrado i continui raddoppi. Al 38’ El Shaarawy beve Gonzalo e mette in mezzo per Perotti che si riprende il 3-0 lasciato sul palo. Questa Fiorentina non ha una difesa strutturata per contenere il calcio delle andature europee, dei lampi concepiti in due o in tre. Ecco perché il Tottenham, ecco perché la Roma. Quando giochi divertendoti hai l’impressione di non faticare e se hai quest’impressione finisce che fatichi la metà degli altri, perché li condanni a correre dietro ai fantasmi, nel buio dei muscoli e della fantasia. Un primo tempo furente, per la Roma, e misero, per la Fiorentina, si chiude col generoso rigore assegnato da Irrati a tempo scaduto (fallo di Digne o gamba trascinata di Tello?). Ma cambia poco, praticamente nulla. È giusto che a inizio secondo tempo il lancio di Pjanic per Salah, per intrinseca bellezza, sigilli il 4-1.