James Pallotta è ritornato negli Stati Uniti, partendo da Madrid, soddisfatto dei risultati ottenuti durante la sua settimana romana. L’errore, si sottolineava ieri nella dirigenza giallorossa più o meno ufficialmente, sta nel pensare che Pallotta sia venuto a Roma per risolvere tutte le questioni. Il presidente ha preso in mano direttamente, dopo l’addio di Pannes, il progetto stadio, per il resto continua a delegare. Ecco perché Sabatini è ancora il d.s. dimissionario e Totti il capitano in attesa della decisione finale. A tutti e due, però, Pallotta ha parlato chiaro: la proprietà e Spalletti avranno voce nelle trattative di mercato e lo stesso allenatore avrà totale autonomia tecnica, pertanto, nel caso di Totti, ok all’eventuale rinnovo, ma poi la palla passerà al tecnico.
Molto da discutere — e da lavorare —, scrive la Gazzetta dello Sport, invece per quanto riguarda il progetto stadio. I ritardi sono evidenti, se ne è reso conto lo stesso Pallotta, che non ha avuto problemi ad accantonare l’ex braccio destro (poco amato da chiunque, a Trigoria e Boston) Pannes e a prendere in mano le redini della questione. Il presidente ha incassato l’appoggio di Palazzo Chigi, grazie all’incontro con Luca Lotti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e braccio destro di Renzi, sa di avere Malagò e Montezemolo dalla sua parte in chiave olimpica, è riuscito a parlare col commissario Tronca e nei palazzi che contano è sempre più ben visto. In attesa della consegna del progetto definitivo il mese prossimo, i nodi in questo caso sono stati sciolti. E pazienza, allora, se di Bruno Conti se ne sono occupati i manager italiani (dovrebbe restare, ma non sarà più responsabile del settore giovanile).