(S. Carina) – L’ultimo derby lo ha visto dalla tribuna. Da solo, senza nessuno vicino. Chissà se per casualità o volontà. Vittima dell’ennesimo infortunio al polpaccio, De Rossi è però riuscito a ritagliarsi un ruolo da protagonista anche fuori dal campo. Perché più del rigore di Dzeko, dell’infortunio di Salah o della corsa senza freni di Gervinho verso il 2-0 (con la sofferenza dipinta sul volto di Mauricio che invano provava a stargli dietro), l’ultima stracittadina sarà ricordata per l’esultanza di Daniele al rigore trasformato da Dzeko. Con una Sud semivuota per la nota protesta sulla divisione del settore, per una volta è bastato lui, barba folta e cappellino di lana in testa, a gridare il cognome del bosniaco dopo il gol. Per un attimo quell’urlo a squarciagola ha riempito il vuoto che c’era.
FUTURO INCERTO Quello di domenica è un derby strano. Per la Roma che rincorre la chimera del secondo posto. Per la Lazio che è appesa a 90 minuti per non bollare la stagione come la più fallimentare degli ultimi anni. E per lui. Perché come già accaduto al principe Carlo che all’ombra della Regina Elisabetta s’è fatto vecchio senza diventare mai re, anche stavolta l’interesse per il futuro di Totti regala a Daniele solo qualche briciola. È vero che il capitano si libera a giugno e la questione oramai ha assunto i connotati di una telenovela sudamericana ma il domani di De Rossi, nonostante l’accordo sino al 2017, non è certo come poteva essere un paio di anni fa. Nei prossimi mesi diventerà padre per la terza volta e questo potrebbe incidere non poco sul futuro prossimo. Se a Roma – rispettando il contratto e provando a vincere quello scudetto vanamente rincorso in una carriera – o altrove, sarà Daniele a deciderlo. Anche perché tra Mls (Los Angeles Galaxy) e Boca Juniors (in Argentina è da mesi che sono convinti del trasferimento in estate) le sirene non mancano.
LA SPERANZA Domenica saranno due mesi esatti dall’ultima gara giocata dal primo minuto (Sassuolo-Roma, 2 febbraio). De Rossi ha come obiettivo di tornare titolare. A 32 anni, sarà il suo derby numero 26. Tra campionato e coppa Italia ne ha vinti 11, pareggiati 6 e persi 8. Un solo gol all’attivo che non ama ricordare particolarmente. Perché avvenne in un derby perso (4-2), sempre a rincorrere la Lazio, prima avanti 2-0 e poi 3-1. Il 3-2 di Daniele a 10 minuti dal termine fu l’illusione regalata ad una Roma (con Spalletti in panchina) costretta a giocare la ripresa prima in 10 (espulsione Panucci) e poi in 9 (rosso a Mexes). Illusione durata lo spazio di 5 minuti, prima del 4-2 finale di Kolarov. Ben più comunque dei 48 secondi con l’Inter, quando è entrato in pieno recupero per sostituire El Shaarawy. Daniele riparte da quel minuto scarso consapevole che una Trigoria priva di 14 nazionali può giocare a suo favore. Perché il modus operandi di Lucio non cambia: gioca chi si allena. E poco importa se a lasciargli spazio sarà Keita, Pjanic o Nainggolan. Rinunciare a De Rossi è sempre difficile. Figuriamoci se al 100%, dopo essersi allenato assiduamente e in una gara come il derby. Daniele ci spera. Vuole tornare a urlare a squarciagola. Stavolta in campo, da protagonista.