La Premier è una macchina da soldi, capace di attrarre capitali da ogni angolo del pianeta (l’ultimo è l’iraniano Moshiri all’Everton). È inarrestabile il fiume di denaro dei diritti tv, che nella prossima stagione ammonteranno a 3,9 miliardi contro gli 1,6 della Liga, gli 1,2 della Serie A e gli 800 milioni della Bundesliga. e strade per dotarsi di risorse sono infinite. A Manchester ne sanno qualcosa. Lo United, il terzo club più ricco al mondo, è ancora zavorrato dalleverage buyout(acquisto a debito) con cui i Glazer comprarono la squadra nel 2005: i Red Devils pagano interessi elevatissimi (46 milioni i costi finanziari nel 2014-15) che bruciano il margine. È la stessa strategia adottata da Thohir e Pallotta per Inter e Roma ma lo United può vantare mezzo miliardo di entrate, con i ricchi contratti di Chevrolet e Adidas.
Il Bayern, che nel 2014 era già riuscito a estinguere il mutuo per l’Allianz Arena con 16 anni d’anticipo, ha il mantra dell’autofinanziamento. Tra le grandi d’Europa, escludendo il mecenatismo sfrenato di Abramovich che ha consentito al Chelsea di azzerare il passivo (ma permangono i prestiti del russo nella controllante Fordstam), la società bavarese vanta il rapporto più basso tra debiti netti (42 milioni, zero con le banche) e fatturato (474): 0,09. Un parametro questo che rende l’idea di quanto l’indebitamento sia sostenibile, visto che viene messo in relazione alle entrate di un club. Ecco perché in Italia preoccupano l’Inter (2,30), il Genoa (1,48) e la Roma (1,31) con la Juve che si mantiene su un sostenibile 0,76 e il Torino che vanta la migliore performance tra le prime dieci società di Serie A in termini di fatturato (0,16). La sostenibilità spiega anche quanto sia differente la capacità di spesa rispetto ai competitor internazionali. Nessuna italiana tiene il passo delle big.