(T. Carmellini) Altro che Napoli, la Roma deve guardarsi le spalle e pensare seriamente alla rimonta dell’Inter: perché arrivati a questo punto non centrare la Champions, obiettivo minimo stagionale, sarebbe un vero disastro e pregiudicherebbe non poco anche la prossima stagione.
È l’amara considerazione dopo quanto visto ieri nel lunch-match di Bergamo dove, nella rassegna degli ex (a segno D’Alessandro e due volte Borriello… sì, proprio lui, un giocatore dato per finito da tempo), la Roma ha buttato via un’altra volta questo campionato che aveva ripreso incredibilmente un senso a sei giornate dalla fine dopo il passo falso del Napoli orfano di Higuain. Ma i giallorossi, dopo il doppio vantaggio iniziale, non sono riusciti a sfruttare lo stop di Sarri & Co. (fermati da un’Inter molto più cattiva e concreta), rispolverando vecchi fantasmi e un collasso strutturale che l’arrivo di Spalletti aveva solo temporaneamente allontanato. Diciamo che era stata messa la polvere sotto al tappeto, ma il problema è ancora lì e la bravura del «nuovo» tecnico è servita a nasconderlo solo momentaneamente. Finisce 3-3 con l’incredibile quanto scontata rimonta dei padroni di casa (con un paio di occasioni clamorose sbagliate da Dzeko) e la «pezza» messa da Capitan Totti nel finale.
La Roma non ha ricambi in alcuni ruoli fondamentali, ha una difesa da ricostruire o quasi (con Spalletti solo in due occasioni la squadra non ha incassato gol) e come muovi qualcosa salta tutto. Stavolta l’errore di fondo lo fa proprio il tecnico, che provando a cambiare dopo l’incolore pareggio col Bologna (e ci può stare), non ha fatto altro che accentuare il «buco». Zukanovic ha la velocità di Topo Gigio, Rudiger gioca solo col destro e ogni volta che ha la palla tra i piedi un brivido corre sul collo dei tifosi romanisti. E se per una volta (anche questo può accadere) Manolas non è in giornata, succede che prendi tre gol in quel modo dall’Atalanta che arranca nelle zone basse della classifica. La Roma, nella ricostruzione in programma per il prossimo anno, dovrà ripartire proprio dalla difesa.
Tornando sulle scelte del tecnico per la gara con l’Atalanta, resta il dubbio Keita: come è uscito lui, la Roma ha smesso di giocare. Incomprensibile il motivo per il quale Spalletti ha deciso di tenere fuori l’uomo (che non sta male) attorno al quale la squadra era tornata a girare su ottimi livelli.
Più comprensibile invece la tenacia dell’allenatore nel puntare ancora su Dzeko (difeso a fine gara anche dal ds Sabatini): un attaccante che il tecnico «deve» provare a recuperare. O meglio doveva, visto che dopo la partita di ieri appare quantomai complicato. Il bomber bosniaco è uno dei misteri di questa Roma: non segna più e già questo basterebbe a metterlo fuori. Ma in generale non riesce proprio a trovare quel guizzo e quella cattiveria necessari per fare la differenza. A tratti imbarazzante, è una delle note più negative della trasferta bergamasca: purtroppo.
E legato a Dzeko c’è poi il capitolo Totti, entrato in corso d’opera e autore del gol numero 301 in carriera che ha portato un punto prezioso ai giallorossi. Se Dzeko è questo, forse al capitano andrebbe data qualche chance in più. O forse no, ma se Spalletti capisce (cosa che appare a noi piuttosto evidente ) che questa Roma gioca meglio senza un attaccante di riferimento, vada avanti con i tre «piccoli»: il momento degli esperimenti è finito.
Così come quello degli alibi: nel dopo gara il tecnico va giù duro contro la squadra, contro la poca attenzione e tutte le distrazioni che vivere nella Capitale comporta (la domanda automatica è: si allenano male? Ancora…?). Discorsi che fanno tornare la Roma indietro di qualche anno, rispolverando vecchi vizi e mai sopiti rancori. Il fiume in piena Spalletti travolge anche Totti: serenità lontana anni luce. Ma forse è giusto così perché stavolta la Roma si è davvero buttata via e l’interesse globale dovrebbe prevaricare quello del singolo.
Del 3-3 di Bergamo restano infine i numeri: indelebili. Con l’Atalanta, che non ha mai perso all’ora di pranzo, e con la Roma che contro l’ex laziale Reja non vince dal 2011: qualcosa vorrà pur dire. Il bilancio dice che Spalletti fin qui ha fatto 4 punti in più di Garcia: comunque sono quelli che al momento garantiscono la Champions. La speranza dei romanisti è che bastino.