(M.Cecchini) – Missione fallita: a brindare è il Porto. La maledizione dei preliminari di Champions colpisce ancora e così – per la sesta volta nelle ultime 7 partecipazioni — le italiane restano subito con una squadra in meno. A gennaio, quando Luciano Spalletti fu scelto per risollevare la Roma, l’obiettivo assegnatogli era uno solo: portare la squadra nell’Europa che conta. Dopo l’1-1 dell’andata, la lunga rincorsa si è conclusa inciampando grossolanamente proprio nell’ultimo ostacolo, anche per un approccio tecnico e mentale al di sotto delle aspettative. C’è da dire però che il pesantissimo 0-3 finale contro il Porto all’Olimpico, santificato dalle reti di Felipe, Layune Corona, è stato agevolato dalle sciagurate (ma corrette) espulsioni di De Rossi ed Emerson, che al minuto 5’ della ripresa hanno lasciato i giallorossi — già in svantaggio fin dall’avvio — in 9, dopo che già a Oporto la squadra di Spalletti era stata costretta a giocare in 10 per oltre un tempo. Dopo due stagioni, quindi, i giallorossi scivolano in Europa League, perdendo per giunta la possibilità di mettere le mani sul tesoretto da circa 30 milioni complessivi che sarebbe stato investito parzialmente negli ultimi giorni di mercato e facendo salutare dalla panchina la Champions a capitan Totti. Un’ultima amarezza immeritata ma non sorprendente, visto che nelle ultime 32 gare europee la Roma ha subito gol (ben 69) in 31 occasioni. Troppe.
DE ROSSI IN DIFESA – Diciamolo subito: la voglia alla Roma non è mancata, tant’è che paradossalmente ha convinto per carattere più nell’impotente finale che in precedenza. Out Vermaelen per squalifica, Spalletti sorprende tutti puntando su De Rossi centrale in una difesa a 4, che l’azzurro metabolizza con più difficoltà rispetto a quella a 3. Scelta chiara: il tecnico vorrebbe gestire il gioco per evitare di essere pressato «alto». Il problema è che prima viene a mancare il palleggio in mediana, poi Daniele al 40’ lo tradirà perché, lontanissimo dalla porta, una sua entrata col piede a martello su Pereira (uscirà in barella), lascia la Roma in inferiorità numerica. A quel punto il disegno tattico sfiorisce. E sì che Nainggolan finto trequartista nel 4-2-3-1 mostra la vena dei giorni migliori sia in appoggio che nel pressing, mentre davanti Dzeko prova a giocare palloni utili per gli inserimenti di Salah e Perotti. Il problema è che la mediana in avvio viene surclassata in velocità e dinamismo dai portoghesi che, con un 4-1-4-1 assai elastico, non si limitano a difendere ma cercano gli spazi, visto che sulle fasce Peres — pur efficace in attacco — e Juan Jesus soffrono la qualità tecnica di Corona e Otavio, bravi ad approfittare del movimento di André Silva. Perciò, con Danilo a copertura della retroguardia e primo smistatore del gioco, il Porto trova tante soluzioni di «uscita», che mettono in difficoltà laRoma. Intendiamoci, i giallorossi pigiano sull’acceleratore, guadagnano tanti angoli e Casillas è splendido almeno due volte, su Nainggolan in avvio e Salah poi. L’inerzia del match però cambia subito, perché Felipe (protagonista dell’autorete nell’andata) su punizione di Otavio segna di testa, mal controllato da Strootman e Juan Jesus: un errore inammissibile a questi livelli. Insomma, è un Porto tutt’altro che remissivo, tant’è che nel recupero del primo tempo Herrera sfiora il palo dal limite. La partita però a quel punto era già cambiata, perché l’espulsione di De Rossi aveva portato al sacrificio dello spaesato Paredes per Emerson, mentre Juan Jesus passava al centro formando un nuovo 4-3-2.
SZCZESNY SBAGLIA – Ma è un’illusione. Al 5’ della ripresa lo stesso Emerson entra duramente su Corona: è ancora rosso. Il nuovo 3-2-2-1 giallorosso, a quel punto, serve solo ad alimentare un clima da combattimento che fa lievitare un po’ le prove di Strootman e Perotti, fin lì modeste. Nainggolan lotta su ogni pallone e va al tiro pericolosamente più volte, lo stesso Perotti va vicino al pari se non fosse anticipato sotto porta da Layun, ma è un fuoco di paglia. Il Porto, fin troppo lezioso nel gestire la superiorità e le giocate offensive, nel giro di due minuti manda k.o. le speranze giallorosse, perché Szczesny esce male su un filtrante di Herrera e Layun segna a porta vuota. Non basta, subito dopo Manolas viene irriso in contropiede da Corona che segna con un bolide sul palo del portiere polacco. È la fine del sogno, con Marciniak che fischia senza recupero un match ormai troppo nervoso. La Roma saluta la Champions ma a perdere, alla fine, è tutto il calcio italiano.