(L. D’Albergo) Il Campidoglio batte in extremis un colpo sul nuovo stadio della Roma e la Regione risponde accelerando sulla convocazione della conferenza dei servizi: a quel punto, con tutti gli attori seduti attorno allo stesso tavolo, scatteranno i 180 giorni entro cui il Comune e il M5S dovranno giocare a carte scoperte. Entro sei mesi dall’inizio del tavolo sulla nuova casa dei giallorossi, l’Assemblea capitolina dovrà infatti votare una variante da un milione di metri cubi al piano regolatore. Se non arriverà il via libera dell’aula Giulio Cesare, il progetto del club di Trigoria (già rivisto per venire incontro alle richieste di palazzo Senatorio) verrà definitivamente stralciato.
Facendo un passo indietro e abbandonando gli scenari futuri, l’atteggiamento del Campidoglio appare per ora attendista: nella tarda serata di lunedì, dal Comune sono arrivate in Regione osservazioni sui possibili ingorghi che si potrebbero creare sulla via Ostiense e la via del Mare quando la Roma giocherà in casa, sulla difficoltà di allungare la metro B a Tor di Valle senza mandare in tilt l’intera linea, sui problemi alle fognature dell’area e i troppi alberi che andrebbero abbattuti. Punti critici a cui, però, non è stato allegato quel parere di conformità alla delibera di pubblica utilità sul progetto della Roma votata in era Marino. Si tratta del documento (previsto dalla legge sugli stadi) che avrebbe di fatto dato inizio alla conferenza dei servizi. In mancanza dell’atto, per evitare un ulteriore stallo, i tecnici e i dirigenti della Pisana stanno vagliando tutte le opzioni per dare comunque il via al tavolo. E alla fine costringere il Movimento 5 Stelle a decidere sullo stadio: in aula, davanti a tutti e senza rimpalli tra uffici.