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IL MESSAGGERO Lucio il trasformista

Spalletti
Spalletti

(S.Carina) – Mai uguale a se stessa. Non soltanto nei moduli e nei calciatori utilizzati ma soprattutto nell’atteggiamento in campo. La nuova Roma di Spalletti ricalca in qualche modo il proposito (mai realizzato) di Garcia che iniziò la sua terza stagione a Trigoria nel tentativo di creare «una Roma camaleontica». Lucio, complici gli infortuni e una rosa corta soprattutto in mediana, ci sta riuscendo.

IL 4-2-3-1 STELLA POLARE – A volte i numeri possono confondere le idee. Lo scorso anno ad esempio la differenza tra il 4-3-3 e il 4-2-3-1 era molto labile, dipendendo quasi esclusivamente dalla posizione di Pjanic: con il bosniaco 20 metri più in avanti la Roma si schierava 4-2-3-1, 20 metri più indietro tornava 4-3-3. In questa stagione le cose sono cambiate per le caratteristiche dei calciatori che compongono la mediana. Senza Mire non c’è più l’elemento capace di regalare qualità, manca il regista palleggiatore (Keita) ma ci sono tre giocatori (Nainggolan, De Rossi e Strootman) che per corsa, senso tattico e dinamismo non hanno da invidiare nulla a nessuno. Già in ritiro Lucio tracciò la via tattica da seguire: «Giocheremo col centravanti». Detto, fatto. Nelle gare più importanti sinora disputate (Porto, Fiorentina, Torino e Inter), Dzeko è partito sempre titolare. E con lui in campo, la Roma ha sempre adottato il 4-2-3-1. La variabile del 4-3-3, pronto a trasformarsi in alcuni momenti della partita nel 4-2-4 stile derby, è stata invece utilizzata nei primi tempi di Cagliari e in casa con la Sampdoria, con Edin inizialmente in panchina e Perotti nella posizione di falso nueve. Ma non finisce qui, perché Lucio ha coniato anche un iperoffensivo 4-2-1-3 contro il Crotone, reso possibile soltanto dalla modestia degli avversari e dalle magie di Totti.

SIGNORI, SI CAMBIA – Oltre ai moduli, anche se ora il 4-2-3-1 sembra essere la linea da perseguire («Ci permette di sfruttare i nostri giocatori. Mentre una mezzala avanza, l’altra aspetta e il trequartista sostiene la punta», Lucio dixit), sono gli uomini a cambiare spesso posizione. E questo a volte può essere un vantaggio (come la mossa a sorpresa di Florenzi trequartista contro l’Inter), altre un limite. Senza correre dietro alle parole del ct Ventura sull’esterno di Vitinia, il tourbillon di ruoli ai quali sono stati sottoposti alcuni elementi della rosa ha avuto il demerito di regalare poco equilibrio alla squadra, non aiutandola a trovare un’identità precisa. Cambiare atteggiamento a seconda dei punti deboli dell’avversario, come contro l’Inter, ci può (e deve) stare. Meno provare a imporre, con calciatori adattati (Florenzi terzino a destra e Bruno Peres a sinistra), una filosofia di gioco, possibile soltanto quando si ha un possesso di palla bulgaro che sinora soltanto la mediocrità dell’Udinese (73%), del Crotone (74%) e dell’Astra Giurgiu (76%) hanno saputo concedere. Diverso quanto accaduto domenica dove Lucio ha giocato come il gatto con il topo con De Boer, lasciando all’olandese il possesso palla (64%), abbassando il baricentro della squadra (di media 43 metri) e puntando sulla velocità di Salah sulla corsia debole dei nerazzurri, quella presidiata da Santon. Spallettiha inoltre rinunciato ad un terzino di spinta, per un centrale spostato a sinistra. Una mossa che quando rientrerà Mario Rui potrà essere ancora più efficace di quanto non sia stata con l’Inter che è riuscita comunque a sfondare sulle fasce. La vera novità tattica è stata però l’impiego di Florenzi alla Perrotta. Una mossa con la quale Lucio è riuscito a garantire più sostegno a Dzeko di quanto riesca a Nainggolan nella stessa posizione. Il nazionale azzurro infatti ha affiancato spesso il centravanti sia per ostacolare l’avvio dell’azione di Miranda che per garantirgli un sostegno continuo e innescare Salah. L’azione del primo gol ne è la dimostrazione: Dzeko vince un contrasto con il difensore brasiliano a centrocampo, apre per Florenzi che a sua volta allarga per Salah praticamente sulla linea laterale. Santon è costretto ad allargarsi e nel buco creatosi s’infila Bruno Peres che poi, una volta arrivato sul fondo, crossa sul primo palo trovando puntuale all’appuntamento il bosniaco. La nuova Roma riparte da qui.

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