(A. Austini) Sempre divertente da guardare. Si, ma per gli altri. La Roma è nettamente la squadra più imprevedibile del campionato italiano, tra le più instabili d’Europa, forse l’unica capace di tutto e del suo contrario nel giro di tre giorni. Anzi, di due minuti, come quelli fatali giovedì nell’ennesima rimonta subita con l’Austria Vienna. Un vizio patologico, incurabile a prescindere da chi scenda in campo o si sieda in panchina.
Le lezioni di storia aggiornate all’ultimo black out europeo sono lì a testimoniarlo: in 20 anni, dalla stagione 1996/97 fino ad oggi, la Roma si è fatta recuperare 28 volte due o più gol di vantaggio tra campionati e coppe varie, senza vincere la partita alla fine. E altre sei volte ha subito una doppia rimonta riuscendo poi a portare a casa comunque il successo. Trentaquattro repliche dello stesso film horror, da un 2-2 con la Reggiana nel 1997, sotto la guida di Carlos Bianchi, all’incredibile 3-3 di Europa League con gli austriaci. Tra le serate più clamorose quella in Supercoppa nel 2006 con l’Inter, da 3-0 a 4-3 per i nerazzurri. Oppure quel 4-4 dello scorso anno a Leverkusen in Champions. A Spalletti è toccato ben 12 volte di vedere la sua Roma avanti di due gol e poi, spesso improvvisamente, in parità o addirittura sotto: in 9 occasioni durante il suo primo ciclo a Trigoria, più altre 3 in meno di un anno da quando è tornato.
E nella stagione attuale sono già 4 le rimonte complessive subite se si sommano gli 1-1 di Oporto e Plzen, 6 volendo metterci dentro anche la rocambolesca vittoria sulla Samp e il 2-1 sull’Inter. Insomma segnare il primo gol non è indice di alcuna sicurezza e le gare della Roma non sono mai finite. Basti pensare che la somma di gol quando in campo ci sono Dzeko&Co. È la più alta in campionato: 29 reti complessive, frutto di 19 realizzate dal miglior attacco e 10 subiti dall’ottava difesa della Serie A, alle quali vanno aggiunte 8 beccate nelle coppe. In Europa League solo le partite dello Zenit hanno prodotto più gol di quelli dei giallorossi, 15 contro 12. Spalletti non sa più che fare. Evidentemente non basta neppure il suo approccio ai limiti del maniacale nella preparazione delle partite, le sue ramanzine ai giocatori (ieri è rimasto tranquillo), le frasi ad effetto come quella sulle “menti malate” che regnano a Trigoria. Un senso di rassegnazione che contagia anche i dirigenti, incapaci di trovare una via per trasmettere la cosiddetta “mentalità vincente” alla squadra. Da anni si ragiona sull’inserimento di una figura di raccordo tra spogliatoio e società – il Nedved della Juve per intenderci – Sabatini aveva pensato a Peruzzi nel frattempo finito alla Lazio. Tanto vale provarci, ma il rischio di scoprire che non cambierebbe comunque nulla è alto. Prossima prova domani col Palermo, con Florenzi ed El Shaarawy recuperati. E un altro fantasma di cui liberarsi.