(M.Cecchini – D.Stoppini) – C’è una frase scolpita nella pietra, che messa vicino alla tabella qui a destra suona più sinistra che mai: «A Roma si vince e si perde alla stessa maniera, è la nostra debolezza». L’ha recitata Walter Sabatini a inizio mese, ma è storia che si perde nella notte dei tempi. Dna calcistico forse, che nessuno mai ha saputo modificare. Neppure Fabio Capello, che 14 anni e un pezzetto fa – stagione 2001-02 – lasciò per strada il secondo scudetto di fila non vincendo neppure una trasferta contro le quattro squadre che sarebbero poi retrocesse, Venezia incluso. Vai a capirle, le reali ragioni. A Trigoria c’è pure chi, un po’ scherzando un po’ no, vorrebbe trasferire la sede sociale del club in Scandinavia, per allontanarsi da quei cali di tensione che ciclicamente, come le stagioni, colpiscono la Roma. «Meno due o meno quattro dalla Juventus a questo punto della stagione non fa differenza, per la classifica non cambia nulla», diceva Radja Nainggolan dopo lo 0-0 di Empoli. Due metri più in là invece Daniele De Rossi sottolineava: «La differenza con la Juventus va numericamente riassunta proprio nelle partite con Cagliari ed Empoli».
CATTIVERIA – Non solo per i 4 punti, se è vero che lo stesso De Rossi pochi giorni fa diceva: «Alla Juventus invidiamo la cattiveria». Quarantatré punti lasciati per strada nelle ultime quattro stagioni, figli di 20 pareggi e una sconfitta che valgono mille rimpianti. Sono quelle occasioni perse frutto di «menti malate», così le ha chiamate Spalletti un mese fa dopo la scoppola di Torino. Il vizio è quasi sempre uno stravizio. Arriva quasi sempre dopo una serie positiva, o quando in teoria sarebbe il momento di spiccare il volo. Nel campionato scorso la Roma gettò al vento il secondo posto per il pareggio interno con il Bologna e soprattutto per l’assurdo 3-3 di Bergamo, con il Napoli che la sera precedente aveva perso contro l’Inter. La rimonta di Cagliari di quest’anno e lo 0-0 di Empoli che a conti fatti vale l’allungo della Juve e la possibilità mancata di staccare il Napoli, sono solo gli ultimi episodi.
PICCOLE – Sappiamo bene che il criterio di rivali «piccole» possa essere opinabile (alcune di esse sono state protagoniste di ottime stagioni), così come il criterio di partita facile (abbiamo escluso, ad esempio, alcune di fine torneo, quelle in cui la stagione era indirizzata), ma se dovessimo accomunare la Roma a un’opera letteraria, da questo punto di vista non avremmo dubbi: la squadra giallorossa è chiaramente proustiana. «Alla ricerca del tempo perduto», infatti, potrebbe essere uno slogan degno quasi di essere scritto sulla maglia.