Domani all’Olimpico contro il Pescara arriverà a 400 presenze in campionato. Ma che De Rossi abbia sempre sprigionato intorno a sé un’aura particolare, lo rivela anche un piccolo episodio che sembra quasi raccontare il calcio come passaggio di testimoni fra campioni. Quel 25 gennaio del 2003, in quel Como-Roma di tanti anni fa in cui ha esordito ufficialmente nella massima serie, in realtà non avrebbe dovuto giocare. Al fianco di Dacourt e Tommasi stava per toccare a Pep Guardiola. Lo spagnolo – scrive la Gazzetta dello Sport -, però, il giorno precedente aveva trovato l’accordo per trasferirsi a Brescia, visto che nella Roma il suo impiego fino a quel momento era stato minimo. Venendo psicologicamente a mancare il carisma dell’ex del Barcellona, Fabio Capello non si perse d’animo e lanciò «il biondino», che a 19 anni in allenamento si muoveva già come un veterano.
Quattrocento partite più tardi, nel calcio adulto Daniele ha vinto la cosa più importante di tutte: un Mondiale. Chi pensasse, però, che questo possa aver in qualche modo placato la sua voglia di vincere uno scudetto, sbaglierebbe davvero tutto. Per De Rossi la Roma è una sorta di ossessione amorosa e così, a sette mesi dalla scadenza del suo contratto, nessuno si meraviglia più di un rinnovo possibile. Anzi, forse vicino. Certo, un prolungamento stopperebbe forse per sempre anche la sua curiosità di un’esperienza nel calcio Usa, ma in fondo significherebbe anche altro, ovvero la voglia di non interrompere la caccia al sogno, di non arrendersi al destino che queste 400 partite di Serie A non abbiano portato finora a nessuno scudetto.