(M. Ferretti) Un po’ l’americano “Yes we can” e un po’ anche lo spagnolo “Podemos”, lo slogan “Insieme possiamo” che sta accompagnando la Roma verso la sfida contro il Milan rappresenta qualcosa di rivoluzionario nella storia del club giallorosso. Perché in altri tempi, ne converrete, non c’è mai stato bisogno di chiedere ai propri tifosi di riempire lo stadio per una partita di campionato; anzi, la paura, per anni, è stata quella che l’impianto alle pendici di Monte Mario addirittura non bastasse per accogliere tutti i tifosi della Roma smaniosi di seguire dal vivo la partita della Magica. Oggi, invece, la società è costretta a rivolgere un appello alla propria gente per evitare un Olimpico (semi)vuoto e la cosa, se non altro, fa notizia. E, a giudicare dai numeri della prevendita, coglie pure nel segno.
I CATTIVI MAESTRI Il messaggio-video che gli uomini di James Pallotta (che non ci sarà neppure stasera…) hanno studiato e confezionato in vista della partita contro l’ex Vincenzo Montella è diretto; forte e al tempo stesso delicato: Ruediger, Manolas, Dzeko e Nainggolan si sono rivolti (in italiano) direttamente alla gente romanista, vi vogliamo con noi, con voi sarà più facile vincere. Non un ordine, non una forzatura perché a Trigoria conoscono alla perfezione i motivi della diserzione. Una preghiera, se mai. Una richiesta d’aiuto. “La Roma ha bisogno di una sola cosa: i romanisti”, le parole di Edin. Una frase che detta così sembra buttata lì a caso, tanto per dire una cosa, ma che in realtà indica una (nuova? No, vecchia…) via: il senso di appartenenza. L’unione. Una frase da romanista. E per i romanisti. Sulla falsariga ideologica di quella firmata pochi giorni fa dal dg Baldissoni, che – a sorpresa, a dire il vero – ha dichiarato che Strootman non era stato casualmente squalificato prima di Milan e Juve. Apriti cielo, non l’avesse mai fatto… Rimproveri, bacchettate sulla mano, lezioncine, no così non si fa, non si deve fare. Un dirigente non dovrebbe mai dire quelle cose, hanno sentenziato in coro i profeti del politically correct e i professionisti del falso perbenismo; gli stessi che, ad esempio, assicuravano che Calciopoli era un’invenzione, che i campionati erano regolarissimi e che nessun club aveva mai contattato (ehm…) arbitri, designatori e loro famigliari vari.“Non esistono cattivi studenti, solo cattivi maestri”, ammoniva Mr. Han…