In prospettiva dell’incontro di martedì tra i proponenti del progetto dello stadio di Tor di Vallee il Comune di Roma, si lavora su una carta che potrebbe lanciare il sì definitivo: il certificato Leed (Leadership in Energy and Environmental Design). È la patente di sostenibilità ambientale che rilascia il Green Building Council, colosso statunitense che ha elaborato il sistema di classificazione dell’efficienza energetica e dell’impronta ecologica.
Il certificato in questione (da quello «semplice», poi «argento», «oro» fino all’attestazione «platino») viene assegnato con una valutazione fino a 110 punti in base a criteri ambientali come sostenibilità energetica, gestione delle acque, impatto dei trasporti e qualità dei materiali. «Sarebbe la prima area certificata Leed in Europa», sostiene Roberto Della Seta, ex presidente di Legambiente che lavora come consulente «ambientale» sul progetto di Tor di Valle. Una garanzia verde che alla fine potrebbe mettere tutti d’accordo.
Questa certificazione potrebbe portare subito due effetti. Il primo è lo stop, alla soglia del 25%, alle sforbiciate del tavolo tecnico condotto dall’avvocato Lanzalone, legale del M5S: dato che è necessario mantenere la pubblica utilità della delibera, la trattativa sulle cubature ha un margine ridotto di intervento, per evitare che l’iter ricominci da capo. Il secondo effetto ha una ricaduta politica: la “patente verde” potrebbe risultare l’elemento decisivo per la variante urbanistica.
Solo dopo lo step politico, comunque, lo Stadio della Roma potrà partire davvero. E il primo step sarà l’attivazione della fase di fundraising. Nella fase di progettazione e di confronto istituzionale, la Roma e Parnasi hanno potuto contare sulla sponda economica degli advisor Goldman Sachs e Rothschild: 30 milioni di euro di stanziamento, ma l’intervento successivo dovrà essere decisamente più robusto. Si cercano 1,6 miliardi di cui 440 milioni da destinare alle sole opere pubbliche