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La Repubblica Il segreto della Roma, questione di feeling tra Dzeko e Spalletti

(M. Pinci) L’amore è Dzeko, dicono a Roma. Facile oggi, dopo la tripletta al Villarreal che porta a 10 il conto dei gol dell’attaccante nelle ultime sette partite consecutive. Ma l’amore, come diceva Delia Scala a Lando Buzzanca, dev’essere pure litigarello. A lui e a Spalletti piace così: eppure di motivi per annoiarci con pacche sulle spalle e abbracci vistosi ne avrebbero. E ne avevano eccome pure nella notte del Madrigal. Quattro gol in trasferta in una partita europea a eliminazione diretta la Roma non li faceva da 17 anni: l’ultima sul campo del Nova Gorica nei 64 esimi di finale della coppa Uefa 2000-01, stagione che la Roma chiuse festeggiando lo scudetto. Eppure allenatore e bomber continuano a darsi pizzicotti: vuoi mettere il piacere di interrompere il coro assordante di consensi con una stoccatina? Provate a riavvolgere il nastro a 24 ore prima della partita e vi capiterà di sentire Spalletti dire: «Edin ha caratteristiche insostituibili per noi, ma giocare senza di lui potrebbe dare anche più risultati, come quelli impressionanti dell’ anno scorso».

Quando Dzeko stava in panchina, insomma. E pure dopo i tre gol al Villarreal s’è ricordato di ricordargli che «se ne fa due e due ne sbaglia, deve essere scontento per quelli che ha sbagliato». Quasi superfluo notare che però a lui non rinuncia mai: per trovare l’ultima senza il centravanti, in campionato, bisogna tornare a settembre, Roma-Samp quando il bosniaco entrò e avviò la rimonta. Ma anche lui qualche risposta acidella l’ha riservata. «Mister, sembro ancora molle?», gli disse a Trigoria (ridendo, per carità) dopo il gol decisivo a Cagliari replicando a un’altra puntura verbale del tecnico. Ma se a parole si pungolano, nei fatti sanno di essere l’uno la fortuna dell’altro. Grazie ai gol di Dzeko, Spalletti ha potuto costruire una squadra capace di vincere 9 delle ultime 10 gare. Grazie a Spalletti, Dzeko è tornato a segnare al ritmo di otto anni fa, la miglior stagione della carriera che chiuse a quota 36 reti in 42 incontri con il Wolfsburg.

Oggi è assolutamente in media, con 28 gol in 34 partite. E da qui alla fine avrà almeno altre 19 occasioni per disintegrare ogni record personale. Intanto è in cima alla classifica dei marcatori sia in campionato – 18 reti – che in Europa: 8 gol, gli stessi dell’ultimo cannoniere di un’italiana nelle coppe, il laziale Kozak quattro anni fa. I migliori furono Kakà, Del Piero e Van Basten, dieci gol in Champions. A Dzeko, grazie alla cura Spalletti, le chance per far meglio non mancheranno. Certo non è l’unico baciato dalla sorte. I duemila romanisti del Madrigal si sono stropicciati gli occhi guardando Emerson, riserva sfigatella di Digne un anno fa, oggi locomotiva della fascia sinistra. «Tanti non pensavano che potesse diventare un titolare della Roma, invece so che Spalletti ci ha creduto sempre, l’ha migliorato», racconta Franco Ceravolo, ex responsabile dell’area tecnica della Juve di Moggi che portò il ragazzo in Italia al Palermo. «E ha ancora margini di crescita». Soprattutto a livello economico: da quando è tornato a Roma, Spalletti ha valorizzato i calciatori che ha avuto per circa 50 milioni. Tanto sono cresciute complessivamente le valutazioni di Fazio e Strootman, Manolas e Nainggolan, Perotti e Salah (dati del sito specializzato Transfermarkt). Un piccolo tesoro: restando o andando via, Spalletti deciderà se farne un’eredità o una dote.

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