(A. Severini) Sullo stadio della Roma è ormai in corso un vero braccio di ferro. Per provare a sciogliere il nodo, Beppe Grillo è piombato a Roma dove ha incontrato i consiglieri M5s in Campidoglio: «Nessuno dice di non fare lo stadio – ha dettato la linea il leader – ma la collocazione attualmente prevista è in una zona a rischio idrogeologico. Magari è meglio farlo in una zona non a rischio». L’ipotesi di realizzare il progetto in un’area diversa da Tor Di Valle, però, non piace al costruttore Luca Parnasi che ha proposto il progetto in collaborazione con la società sportiva Roma. Ribadendo la «sicurezza dell’area dal punto di vista idrogeologico», Parnasi esclude qualsivoglia «sito alternativo». E anche il presidente della Roma, James Pallotta tramite il profilo Twitter della società, prende una posizione netta, prefigurando conseguenze «catastrofiche per il futuro dell’AS Roma, del calcio italiano, della città di Roma e dei futuri investimenti in Italia» nel caso di bocciatura del progetto.
Le due alternative rimangono o continuare a cercare un accordo con i proponenti per ridurre le cubature del progetto o stopparlo in via definitiva, proponendo al massimo di realizzarlo in altra zona. In entrambi i casi c’è il rischio di una valanga di cause e ricorsi, col timore del Campidoglio di essere condannato a risarcimenti milionari. La sindaca Virginia Raggi dunque sta meditando attentamente la scelta da fare anche se il tempo è poco: il 3 marzo è fissata la conferenza dei servizi. Se il Comune si presentasse senza una posizione definita i proponenti potrebbero richiedere l’intervento del Governo per «commissariare» il tutto.