(S. Novelli) Tanti, forse persino troppi, e dunque sospetti, i «sì» dei vertici grillini alla realizzazione dello Stadio della Roma. Un «sì» che sa tuttavia di favola. Annullare la delibera Marino significa di fatto dire addio al progetto. Risuonano ancora le parole di Alessandro Di Battista interpellato sullo Stadio della Roma: «Quando il Movimento dice che una cosa si fa, si fa». Ma tra i più attivi negli ultimi tempi c’è il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio: «Sulla questione stadio voglio dire che noi in campagna elettorale abbiamo detto che andava fatto e questo è un nostro obiettivo. Su come va fatto ci sono delle trattative in corso per rispettare i valori del nostro programma». Siamo nel giorno delle dimissioni dell’assessore all’Urbanistica, Paolo Berdini – dimissioni lette da molti come legate al progetto di Tor di Valle – salvo poi cominciare a frenare un paio di giorni fa. «Tutto rispetto per lo stadio, ma questo è un Paese che ha 17 milioni di persone a rischio povertà e il tema dello stadio guadagna i primi titoli del tg. Il dibattito mediatico secondo me è abbastanza surreale – ha incalzato Di Maio – io mi rifiuto di alimentarlo, preferisco parlare di questioni molto importanti che riguardano anche colui che vuole lo stadio della Roma, un tifoso della Roma che oggi ha il problema che suo figlio emigra, che sua moglie perde il posto di lavoro o che lui perde il posto di lavoro. Questa è una questione molto importante su cui dobbiamo continuare a tenere il focus perché alcuni cittadini mi dicono: perché qui si parla ditemi di cui in questo momento avvertiamo come secondari?».
Linea più decisa da parte della deputata Roberta Lombardi che tre giorni fa ha ad dirittura scatenato le ire di Beppe Grillo, per aver “pubblicato” su facebook la propria contrarietà al progetto di Tor di Valle: «Questo non è un progetto per la realizzazione dello stadio, questo è un piano di speculazione. No alla colata di cemento»; «I parlamentari parlino del loro lavoro», aveva ammonito Grillo. E lo stesso Grillo continua a ripetere come un mantra «sì allo stadio, ci sono problemi ma li risolveremo». E per ultima, ieri, la senatrice, Paola Taverna: «Lo stadio? Dobbiamo farlo e farlo nelle regole, non vogliamo privare Roma di un’opera così importante. Togliamo la speculazione che era già sulla carta: né speculazione né cementificazione». Ripartire da zero con il progetto significa non farlo, o nella migliore delle ipotesi farlo tra dieci anni. Tutto sommato, politicamente parlando, meglio il «no» secco alle Olimpiadi che un «sì» mascherato di un’impresa impossibile.