(F. Capurso) Il tempo per prendere una decisione sul progetto dello stadio della Roma a Tor di Valle sta finendo. A dieci giorni dal duello finale, nessuno in Campidoglio si arrischia a indicare la direzione del Movimento 5 stelle. D’altronde, si aspettava l’arrivo di Beppe Grillo a Roma, e infatti è lui, alla fine, a dettare la linea: «Siamo favorevoli al progetto, ma in un’altra zona». Il problema che ossessiona il comico genovese è quello delle esondazioni del fiume: «Nessuno è contrario allo stadio. C’è una discussione sulla collocazione dello stadio che è in una zona a rischio idrogeologico, con la Soprintendenza che ha posto qualche limite», dice al ritorno dall’ennesima riunione con Virginia Raggi a Palazzo Senatorio. «Noi diciamo di sì, ma da qualche altra parte che non sia quella, perché se si fa in una zona che non esonda è meglio». Apriti cielo. L’uscita a gamba tesa di Grillo scatena la reazione immediata della società giallorossa e dei costruttori: «Non è in alcun modo ipotizzabile un sito alternativo a Tor di Valle», rispondono a muso duro con una nota. «L’area è sicura e anzi il progetto va a sanare il rischio idrogeologico presente nel quartiere limitrofo di Decima, dove abitano oltre diecimila romani e ben al di fuori del sito dove è previsto lo stadio». Poi, su Twitter, interviene anche il presidente della Roma, James Pallotta: «Ci aspettiamo un esito decisamente positivo dall’incontro in programma venerdì. In caso contrario, sarebbe una catastrofe per il futuro dell’As Roma, del calcio italiano, della città di Roma e francamente per i futuri investimenti in Italia». Il tempo del rispetto istituzionale tra le parti, dunque, è finito.
In questo clima decisamente aspro si svolgerà domani la riunione politica citata da Pallotta tra Campidoglio, costruttori e società giallorossa. Incontro che si sarebbe dovuto tenere ieri, e invece spostato su richiesta di Raggi per «ulteriori valutazioni» sulle tante ipotesi in campo, compresa quella di rigettare o annullare la delibera del 2014 che diede il via al progetto. Al centro delle «valutazioni» di Raggi e consiglieri c’è il nuovo parere richiesto all’avvocatura capitolina, con cui si vorrebbe sapere entro domani se resettando la delibera firmata dall’allora sindaco Ignazio Marino, il Comune rischierebbe o meno una causa per danni multimilionaria. Il pericolo, per la verità, era già stato accertato dalla stessa avvocatura in un precedente parare emesso a luglio, stimabile intorno al miliardo di euro. Cifra che raddoppierebbe con i mancati introiti, tra fiscalità e opere pubbliche a carico dei privati. Un rischio che sembra potersi concretizzare anche solo se si andasse verso uno spostamento dello stadio dall’area. Il vero braccio di ferro tra le parti è iniziato. Finito, invece, il momento di gloria dei consiglieri capitolini, scalzati clamorosamente dalla partita. Ai ventinove consiglieri M5S era stato assicurato che avrebbero preso loro la decisione finale sul progetto per dettare la linea. Spaccati tra favorevoli e contrari da mesi, ora appaiono disorientati: «Grillo dà la sua opinione e noi la ascoltiamo, certo. Poi, però, prendiamo una decisione con le nostre teste», protestano in coro. È la debole rivendicazione di un’autonomia di scelta nelle decisioni davvero importanti. Ma è anche ciò che poi resta in mano ai più intuitivi: il dubbio di essere stati già messi da parte, e nulla più.