(L. D’Albergo/M. Pinci) Più avvincente di una fiction, con colpi di scena e intrighi degni di una produzione hollywoodiana. Puntata dopo puntata, la telenovela sul nuovo stadio della Roma ha preso ritmo. Fino a trasformarsi in un thriller a tinte giallorosse… con il lieto fine. Perché nelle ultime 24 ore è accaduto più o meno di tutto. Compreso l’annuncio della sindaca a tarda sera: «Accordo raggiunto, abbiamo il progetto 2.0 senza le torri». Ora, però, un passo indietro: la maratona finale per Tor di Valle parte giovedì, nel tardo pomeriggio. In Campidoglio si ritrovano i tecnici dei dipartimenti Urbanistica, Trasporti e Patrimonio e gli architetti del club di James Pallotta e del costruttore Luca Parnasi. Si limano le cubature: taglio del 50 per cento sul milione di metri cubi previsto dal progetto originario, con il business park ridotto del 60. I limiti imposti dal piano regolatore ora sono vicinissimi. Si discute delle opere pubbliche e qui gli uffici sono categorici: il raddoppio della via del Mare dovrà essere più lungo, per evitare l’effetto imbuto, e si punterà sul potenziamento della Roma-Lido e una nuova stazione per connettere la nuova arena romanista al centro. Fondamentale, poi, la bonifica del fosso di Vallerano per eliminare il rischio idrogeologico. Focus, infine, sugli standard costruttivi: gli edifici attorno al Colosseo bis – addio alle torri di Libeskind – saranno green. Standard A4. In altre parole, ad alto risparmio energetico, con materiali di ultima generazione. Solo lo stadio, impossibile averne uno migliore, sarà di classe A3. Comunque rivoluzionario rispetto al resto della città. Dopo un vertice tra Roma e Parnasi nello studio Tonucci, sede della società del nuovo stadio, arriva il momento della sindaca. Partecipa a un incontro segreto con i proponenti. Prima di andare a dormire, poi, Virginia Raggi si consulta con il proprio staff: «Se arriverà la stretta di mano, dovrò avere tutti i consiglieri con me». Si fa sentire la paura di una spaccatura, di perdere gli “ortodossi” della maggioranza M5S lungo il percorso che dovrebbe portare al «sì» al progetto romanista con modifica della delibera di pubblica utilità dell’amministrazione Marino.
Chi le è vicino le suggerisce il jolly: lasciare a Beppe Grillo, al garante del Movimento, il compito di esporre ai 29 eletti dell’aula Giulio Cesare il nuovo progetto. È l’una di notte. Le trattative dei tecnici vanno avanti. L’inquilina del Campidoglio, invece, torna a casa. Per poi finire in ospedale, al San Filippo Neri, al mattino: forti dolori addominali la mettono al tappeto. Per rimettersi in piedi, la prima cittadina pentastellata impiegherà tutta la giornata. «Lo stress? Sicuramente non è una vita facile – spiega l’ex marito Andrea Severino – dovrebbe mangiare di più». Ecco le visite del vicesindaco Luca Bergamo, del capogruppo Paolo Ferrara, le fette biscottate e il viaggio verso Palazzo Senatorio. Ad attenderla, in sala delle Bandiere, ci sono l’avvocato Luca Lanzalone, il numero uno dell’ assemblea capitolina Marcello De Vito e la presidente della commissione Urbanistica Donatella Iorio. L’incontro con la Roma, previsto inizialmente alle 16, viene posticipato di ora in ora. Il dg giallorosso Mauro Baldissoni verrà accolto solo alle 21. E chi è dentro, seduto al tavolone con la sindaca, prima si rassegna: «Sarà una lunga notte». Poi festeggia via sms: «È finita, trattativa ok». L’ipotesi, così raccontano in Campidoglio, è che alla fine si sia chiuso sulla base dell’intesa raggiunta giorni fa in un vertice riservato tra gli emissari del team Raggi e gli investitori americani legati a James Pallotta: il gruppo Raptor e il fondo immobiliare Starwood. Le parti si sono incontrate a Firenze per stabilire le regole di ingaggio: no alle torri, lontane per forma e visione dal tessuto urbanistico della capitale, sì a strutture più leggere. Capaci di far sognare anche chi da sempre è contrario al cemento a Tor di Valle. Perché alla fine della «notte» dello stadio spunta l’accordo: 598 mila metri cubi totali e un referendum tra i cittadini per decidere la destinazione degli edifici del business park. Restano comunque due fronti aperti: la Roma dovrà risolvere il nodo del vincolo che la Soprintendenza ha posto sul vecchio Ippodromo di Julio Lafuente e la conferenza dei servizi, con un progetto tanto diverso dall’originale e una probabile revisione delle opere pubbliche – a forte rischio almeno il ponte dei Congressi – rischia di ripartire da zero.