(D. Di Mario) Nel novero dei «rosiconi»per il raggiunto accordo sullo stadio della Roma s’inserisce di diritto l’ex sindaco della Capitale Ignazio Marino. Per il chirurgo, intervistato da Giovanni Minoli a Faccia a faccia su La7, Virginia Raggi «fa un favore ai costruttori». Una frase che di per sé farebbe cadere chiunque dalla sedia. Il primo progetto legato allo stadio della Roma, infatti, prevedeva circa un milione e centomila metri cubi. Quello della Raggi la metà: poco più di mezzo milione. Una questione legata alle compensazioni: se il proponente si assume l’onere anche economico di realizzare delle opere pubbliche, ha diritto a un premio di cubatura. Possiamo tradurla così: più opere pubbliche realizzi più hai diritto a cubature aggiuntive. Se queste vengono dimezzate, vuol dire che si realizzano meno infrastrutture. O, meglio, che il proponente si assume l’onere di costruire meno strade, ponti, svincoli e via discorrendo. A ben vedere, il costruttore di guadagna comunque. Naturalmente, l’amministrazione non s’inventa nulla. Sono tutte procedure previste dalla legge. Norme che Marino conosce bene, visto che fu lui a concedere alla Roma e ai partner proponenti oltre un milione di metri cubi. Non fu un favore, perché legato a quel premio di cubatura c’era la realizzazione di due ponti sul Tevere, uno svincolo col Gra e il prolungamento della Metro B. Così come non è un favore il mezzo milione di metri cubi concessi dalla Raggi, perché a fronte anche di una diminuzione di oneri sulle opere pubbliche.
Eppure Marino è molto critico nei confronti della sindaca di Roma. «La Raggi – dice – oggi può dire con soddisfazione di avere approvato il progetto iniziale dei costruttori che la giunta Marino aveva bocciato. La Raggi ha cancellato tutte le opere di interesse pubblico che noi avevamo preteso fortemente e che avevamo ottenuto, più di 250 milioni di investimenti, in trasporti, in un parco grande come Villa Borghese. Tutte opere che oggi la Raggi ha cancellato facendo un grande favore a costruttori». «Nella delibera votata dalla mia giunta e voluta fortemente dall’assessore Caudo avevamo legato per 30 anni e con un vincolo di strumentalità lo stadio alla Roma – insiste l’ex sindaco – Noi lo avevamo scritto e abbiamo anche detto che se per caso questo non fosse accaduto negli anni futuri allora i proprietari avrebbero dovuto pagare 200 milioni di euro di penale attualizzati a quando questo fosse accaduto. Speriamo che i 5 Stelle mettano anche questa norma nelle delibere che dovranno fare. Noi ci avevamo pensato e lo avevamo scritto». Marino cita Giovanni Caudo, il suo assessore all’Urbanistica. Ma, tornando alla memoria ai tempi della giunta guidata dal chirurgo allora Dem, i rapporti tra amministrazione e costruttori non è che fossero diversi da quelli con altre amministrazioni. È lo stesso Caudo a scrivere al commissario Tronca una lettera in cui indica i dossier lasciati aperti dalla prematura caduta di Marino, tra questi c’erano molte varianti urbanistiche.
Fu lo stesso Caudo a ritardare la turnazione anti corruzione del dirigente – inseguito e indagato per corruzione – dell’ufficio per il rilascio dei permessi a costruire. Certo, Marino bloccò il progetto sull’housing sociale – con 28 milioni di metri cubi nell’Agro romano – ereditato da Alemanno, ma nel predisporre il dossier perla candidatura ai Giochi del 2024 indicò in Tor Vergata la sede del villaggio olimpico, scartando la zona a nord tra la Flaminia e l’aeroporto dell’Urbe. Questo per dire che ogni sindaco ha rapporti con i costruttori.È sempre accaduto. Qualche amministrazione è stata più conciliante, altre meno. Di certo non sembra che Virginia Raggi stia facendo più favori di quelli fatti da Marino. Eppure il chirurgo non demorde: «Quello che viene a mancare completamente sono tutte le opere pubbliche. Come si andrà in questo stadio? Vengono cancellati il ponte pedonale che collega la Roma-Fiumicino all’altro lato del fiume, vengono cancellati il rifacimento della Via del Mare fino al Raccordo e il prolungamento della metro B dalla Magliana allo stadio. Diventa uno stadio nel vuoto. Al posto delle torri ci saranno 18 edifici di 7 piani. Il parcheggio al Flaminio era pieno di siringhe, oggi c’è l’Auditorium. Sono meglio 18 edifici bassi o 3 bei grattacieli progettati dal uno dei più grandi architetti del mondo che rimarrebbero nella storia dell’architettura?». Poi l’affondo finale: «Noi avevamo scritto che se una sola di quelle opere sarebbe venuta a mancare sarebbe caduto l’interesse pubblico e lo stadio non si sarebbe fatto. Non volevamo uno stadio per i costruttori, noi volevamo uno stadio certamente per i tifosi ma anche e soprattutto per il benessere dei cittadini. Siamo passati dallo Stadio della Roma alla pasta ripassata: non costa niente ma è buona lo stesso».