(M. Pinci) Una conference call tra Roma e gli Usa per raccontare al presidente romanista Pallotta gli effetti la “sospensiva” della Conferenza dei servizi. Così ha trascorso la serata il dg della Roma Mauro Baldissoni, dopo una serie di riunioni interne tra i proponenti del nuovo stadio.
La mossa della Regione non ha scioccato nessuno: che la dialettica sulla paternità del progetto (in cui certo non ha aiutato la lettera inviata da Raggi a Zingaretti per specificare che il parere reso dal Comune in Conferenza dei servizi non era finale a causa di nuovi accordi con i proponenti) potesse creare piccole schermaglie era stato messo in conto. Ma ora Trigoria e Parnasi sperano almeno di evitare che il 5 aprile la Regione si determini a chiudere la Conferenza decisoria con un nulla di fatto, costringendo a convocarne una nuova. Uno scenario possibile, se non probabile, che costringerebbe i proponenti a perdere altro tempo.
Al momento, però, rimandare la posa della prima pietra spaventa meno di qualche settimana fa. La priorità di Pallotta sono principalmente i finanziamenti per il progetto: portare a casa l’accordo con il Campidoglio ha consentito di offrire un osso da sgranocchiare agli investitori affamati di novità e che da tempo avevano dovuto “congelare” le somme da destinare al progetto.
È dunque la frontiera cinese a offrire al presidente americano scenari nuovi, più allettanti. Persino — perché no — quello di trovare, grazie all’ingresso nella società dello stadio, un azionista di minoranza per la sua Roma. Già in tempi recenti gruppi imprenditoriali cinesi si erano interessati alla possibilità di entrare nel capitale del club. Pallotta, però, aveva sparato altissimo, chiedendo concretamente 100 milioni per il 10%. Discorso diverso sarebbe invece se il consorzio di Pechino — di cui farebbero parte pure il gruppo Evergrande (co-proprietario della squadra del Guangzhou) e la Zall Co (proprietaria del Wuhan di Ciro Ferrara) — optasse per una doppia soluzione: stadio più partnership nel club giallorosso. Un socio lo aiuterebbe a ridurre le somme che ogni anno è costretto a versare nelle casse della Roma (57 milioni nel 2016, altri 76 nei primi sei mesi del nuovo esercizio) per far fronte alle perdite e garantire la gestione corrente. E lui stesso non ha mai fatto mistero di cercarne.
Certo è prematuro azzardare scenari. Ma un assist a Pallotta potrebbe arrivare dalla necessità di riscrivere la delibera di pubblico interesse, dopo l’intesa raggiunta con la sindaca grillina. Perché, in cambio di qualche concessione sulle infrastrutture per non scontentare la base 5stelle, nella nuova delibera potrebbe saltare la penale da 160 milioni imposta dalla precedente amministrazione guidata da Marino. Quella da pagare nel caso in cui venga meno il rapporto tra proprietà del club e dello stadio.