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Il Messaggero Totti, è un lungo addio

(M. Ferretti) Un anno fa di questi tempi, e con la stessa situazione contrattuale di oggi, cioè accordo in scadenza con la Roma, Francesco Totti non faceva altro che ripetere: «Io voglio continuare a giocare perché mi sento ancora un calciatore a tutti gli effetti». In queste ore, invece, il suo messaggio alla società – recuperato attraverso i recenti interventi televisivi a raffica – è diventato: «Il mio futuro? Non ho ancora deciso, potrei continuare a giocare oppure a fare il dirigente o il procuratore». La differenza c’è, ed è molto evidente oltre che sostanziale: mai come in questi giorni, Francesco ha preso in (seria, molto seria) considerazione l’ipotesi di attaccare gli scarpini al chiodo alla fine dell’attuale stagione. Una cosa, intanto, è certa al cento per cento: se non sarà ancora Roma, non sarà alcun’altra squadra. Cioè, Totti non ha alcuna intenzione di chiudere la sua carriera con una maglia diversa da quella giallorossa. Roma, solo Roma, Roma e basta.

LE RAGIONI DI SPALLETTI – Già, ma Francesco quando deciderà? Lui qualche idea ce l’ha, ma prima di ufficializzare la scelta vuole capire un paio di cose. Innanzi tutto, che cosa ha intenzione di fare la dirigenza con lui. Che, lo ricordiamo, ha già pronto un contratto di sei anni da dirigente. Vuol capire, in parole povere, che tipo di ruolo in società andrebbe a ricoprire qualora decidesse di smettere di giocare. Confida in un ruolo operativo, non di rappresentanza: lui è e sarà sempre una (la) bandiera della Roma, non vorrebbe ritrovarsi a fare il gagliardetto. Raccontano che gli piacerebbe restare a contatto quotidiano con la squadra, ma in abiti borghesi non in tuta. Una figura che oggi nella Roma non c’è. L’ipotesi di mettersi a fare il procuratore, dunque, prenderebbe corpo qualora non trovasse un accordo per un utilizzo reale, non solo di facciata, a Trigoria. In quel caso, contratto di sei anni stracciato e ognuno, dopo oltre 30 anni, per conto suo. Se ci fate caso, sono tutti ragionamenti che hanno un filo conduttore, e cioè le scarse probabilità che Francesco continui ad essere un calciatore.

Luciano Spalletti lo impiega con il contagocce e, al di là di alcune sue dichiarazioni («Se non confermano Totti io non rimango»), il tecnico lo farà giocare sempre meno, se continuerà ad essere l’allenatore della Roma e Totti un suo calciatore. Pura questione di logica, legata all’età di Francesco. E contro la logica c’è poco da discutere. La sensazione è che Francesco non abbia voglia di mettere fretta a nessuno: il fatto che James Pallotta sia arrivato e ripartito senza incontrarlo non l’ha minimamente turbato. Lo scorso anno, del resto, il rinnovo lo fece con il management di Jim non con il bostoniano in prima persona. E del suo futuro continuerà a parlare con gli uomini di Pallotta, magari poco con Franco Baldini. Il comportamento della dirigenza finora è stato di attesa, ma se un anno fa Pallotta voleva che Totti smettesse (poi gli hanno fatto cambiare idea), figuriamoci quanto lo voglia dodici mesi dopo. Ipotizzare che a fine stagione, cioè intorno a metà maggio, le parti avranno un incontro per capire e capirsi non è azzardato. E non è neppure il caso, oggi, di ipotizzare, di capire chi avrà fatto il primo passo verso l’altro. Ripetiamo, la situazione legata al futuro del capitano è molto meno nebulosa, e intricata, rispetto ad un anno fa. Anzi, se non ci fosse di mezzo un uomo che ancora si diverte a giocare a pallone tutto potrebbe già essere scritto. Con la parola fine dopo l’ultima riga.

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