(E. Currò) Sotto gli occhi attoniti del neodirigente calato dalla Cina con ben altre aspettative – il direttore esecutivo Li Han accolto dal giro di campo con selfie, ma poi sempre più perplesso per la differenza abissale tra le due squadre – il Milan è stato impietosamente annientato dalla Roma, quasi perfetta per essenzialità tattica e pulizia tecnica. Il divario è parso subito così netto da rendere un tantino gratuita, nonché crudele, la mancata passerella per Totti a risultato scritto. La distanza attuale tra Roma e Milan va oltre il 4-1 finale (solco scavato nel primo tempo da due gol di Dzeko e incrementato nella ripresa dalla risposta dell’ex rimpianto El Shaarawy all’illusorio guizzo di Pasalic e dal rigore di De Rossi): è quella che separa chi vuole subito la Champions, con gli annessi 50 milioni di introiti minimi da contendere al Napoli, e chi deve tornarci nel 2018, altrimenti rischia di vedere presto strozzati dalla sofferenza finanziaria i sogni di rivalsa.
Il mercato sarà la sede naturale del duello: entrambi i club ambiscono ai primi quattro posti del prossimo campionato e il Milan ha vinto la prima sfida, per l’atalantino Kessié. Altri colpi sembrano tuttavia necessari, a cominciare dal centravanti: Dzeko ha stracciato Lapadula. Bacca è rimasto in panchina, anche perché nel finale si è alzato a rilento per la sostituzione, contribuendo allo sbilanciamento nell’azione in cui il recidivo Paletta si è fatto di nuovo espellere e ha provocato il rigore del 4-1 su Salah. Invece Totti avrebbe voluto e meritato l’ultima vetrina al Meazza. Spalletti gliel’ha negata: «Io sul 2-0 non sono mai tranquillo. E se poi lo metto negli ultimi 5’, dite che lo prendo in giro. Sono stanco, tornassi indietro non allenerei la Roma ». San Siro, teatro prediletto delle gesta del campione, lo ha comunque applaudito e invocato.
In attesa dell’indispensabile Morata o chi per lui, Li Han e Fassone, attorniati tra gli altri dagli ex a.d. Galliani e Barbara Berlusconi ieri semplici tifosi, hanno potuto constatare come il sesto posto dei preliminari di Europa League resti abbordabilissimo soprattutto per le frenate di Inter e Fiorentina e come l’esterofilia vada dunque indirizzata verso gli obiettivi giusti. Esaurita dagli infortuni la spinta autoctona milanista cara a Berlusconi, in questa partita dove gli italiani in partenza erano solo quattro (oriundi esclusi) il livello degli stranieri di Spalletti è parso imparagonabile alla bassa media tecnica della legione di Montella. Suso e Deulofeu sono stati ridimensionati dal paragone con gli omologhi Salah e Perotti, le cui fughe continue sulle fasce hanno messo a nudo la fragile copertura del Milan. Nainnggolan trequartista ha affondato la lama con taglienti aperture. Due balzi formidabili di Donnarumma, su tiri di Perotti e Nainngolan, hanno solo impedito che i fischi all’intervallo fossero più assordanti.
La ripresa, in cui la Roma ha gestito il vantaggio, è stata in fondo addirittura più umiliante per il Milan, che ha invano tentato la rimonta. Gli ingressi di Bertolacci e poi di Ocampos sono stati efficaci nel plasmare il graduale e consueto 3-3-4. Ma il vero ricordo della serata, più del calligrafico destro di El Shaarawy e del colpo di testa di Pasalic nell’area piccola, sarà il malinconico e amaro sorriso di Totti.