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IL ROMANISTA. Erik Lamela «In Curva Sud a scontare la squalifica»

Erik Lamela

(T. Cagnucci) – L’extraterrestre visto da vicino sembra quello che è: un ragazzino. Diciannove anni restano quelli che sono anche se nei piedi hai la possibilità di camminare verso la gloria. Calcistica s’intende, e in questo mondo non è poco. A Roma e a Buenos Aires per esempio è tanto. E’ anche – soprattutto – una questione di sentimento. Quello ce n’è in Erik Lamela , nascosto di sfuggita – rapidamente, un gioco di suola con le sopracciglia – nei suoi due occhi come spilli, che ti danno retta soprattutto quando capiscono che c’è qualcosa da capire o qualcosa per cui vale la pena starti a sentire. Argentino con
l’argento vivo che a 19 anni può sbagliare ma di più – ed è più di un’impressione – sa quando lo fa e sa che non lo deve fare. Un nome da cartellone, che riparte da un cartellino. Si comincia da dove per ora si è finito. Da quell’espulsione.

Cosa è successo a Torino contro la Juventus e con Chiellini? 
Ci siamo strattonati a lungo, prima s’è messo lui davanti a me e io ho cercato di togliermelo da davanti, ma non ci sono riuscito. È stata una normale cosa di pallone. Ci siamo strattonati, lui continuava e io per scrollarmelo di dosso l’ho preso. L’ho colpito.

Chiellini aveva provocato a parole o in qualche altra maniera?
No. Nessuna provocazione solo un contatto. Non ci sono state provocazioni anche perché fino a quel momento avevo giocato praticamente dall’altra parte del campo. Non c’eravamo presi.

Un’espulsione giusta.
Sì. Però non c’era nessuna intenzione di fargli male, a questo ci tengo, l’ho fatto solo per liberarmi. E ho sbagliato.

Quante altre volte sei stato espulso in carriera?
Nessuna. Fino a Torino non avevo mai preso un rosso.

Hai lasciato la Roma in dieci e sotto due a zero…
Di questo chiedo scusa ai tifosi e ai compagni. Ne abbiamo già parlato nello spogliatoio. Mi è bastato poco per chiarire con loro.

Sarai multato. 
E pagherò. Io faccio quello che è giusto e quello che decide la Roma.

Presumibile che sarai strattonato tante altre volte… Quest’espulsione può essere una lezione?
Per certi versi sicuramente, ma, lo ripeto, io non avevo nessuna mala intencion nei confronti di Chiellini.

Juventus-Roma 3-0: perché?
Perché dobbiamo cominciare a leggere meglio anche certe partite. Non è stato un problema di approccio. L’atteggiamento è stato quello giusto perché anche in trasferta sul campo della prima in classifica volevamo fare la partita. Tenevamo palla fino a che c’è stato quell’inserimento per la prima rete e la partita s’è messa male. E’ evidente che dobbiamo correggere qualcosa, è evidente che dobbiamo ancora migliorare. Sarebbe strano il contrario, nessuno pensa di avere le cose in mano.

Juventus-Roma 3-0, lascerà strascichi?
No. La squadra non ne risentirà.

La squadra che va a cena insieme.
E’ un’idea nata proprio dopo Juventus-Roma 3-0. Anche la cena in qualche modo forma il gruppo. Uno si diverte coi compagni. Ci sono tanti giocatori nuovi. E’ un modo per stare allegramente insieme.

Chi l’ha organizzata?
Totti. E’ stata un’idea del capitano. E’ stata organizzata sul pullman dopo Torino. Io mi trovo benissimo in questa squadra.

El Coco di tutti. El Coco di mio fratello..
E’ stato lui a darmi questo soprannome. Mi diceva Coco. Coco… Ed è rimasto così.

Tuo fratello e la tua famiglia, il cuore della vita?
Sì, stanno qui con me. Anche la mia ragazza mi ha accompagnato in Italia. Se per me non è stato facile, come dicono tutti, lasciare la patria, la mia casa, i miei amici e la mia squadra a 19 anni, per lei è stato anche più difficile. Ci siamo conosciuti a scuola, la cosa migliore della mia età scolastica… Con la mia famiglia viviamo lontano dal centro in un casa, mi ha aiutato Totti a trovarla.

La casa, la cena… Una volta hai detto che Totti ti riempie di consigli…
Veramente non l’ho mai detto, però è vero. E meno male. Io non posso che ascoltarlo, perché Francesco di Roma sa tutto, sta qui da sempre, è romano, conosce l’ambiente meglio di chiunque. Lui e De Rossi mi hanno parlato di cos’è la Roma, di cosa significa giocare qui. Io so bene dove sono, conosco l’importanza di questa maglietta e delle responsabilità che ho. Ma resta un onore avere certi esempi e certi compagni. Uno è Daniel Pablo Osvaldo.

Una volta per tutte, cosa è successo nello spogliatoio di Udine? 
E’ stata una litigata per una giocata della partita, non c’è stato altro. Non ho mai detto la frase che lui non è Maradona, e non c’erano problemi di altra natura. E’ stata una discussione sulla partita, sicuramente accesa.

Perché Osvaldo s’è arrabbiato così tanto? 
Perché era un altro periodo, perché quella partita contava tanto, dovevamo fare bene. E’ stata una discussione animata perché ci teneva tanto lui e perché ci tenevo tanto io a non perdere.

Adesso? Adesso è tutto a posto, ma è stato immediatamente tutto a posto. Questo è un gruppo buonissimo. Io sono giovane, ho fatto solo tre anni ad alti livelli, ma questo è un bel gruppo. Io sto bene con tutti. Ci sono veramente bravi ragazzi nella Roma. E’ questo conta più di chi è più o meno forte, di chi va più o meno bene.

Adesso Bojan va meno bene… Bojan è fortissimo! Bojan forse non è andato benissimo nelle ultime due partite, e comunque non lo devo certo dire io. Io sono contentissimo di poter giocare con un attaccante così. Lui è da Barcellona. E da Roma.

Lamela sarebbe potuto veramente essere del Barcellona… Ah, la storia del provino da ragazzino… Feci cinque gol in un torneo giovanile in Catalogna, gli osservatori del Barça mi videro e dissero a mio padre che mi avrebbero voluto con loro. Rimasi a Buenos Aires.

Pentito di aver detto no? No, perché ho detto sì al River Plate che era la mia squadra del cuore. Perché il mio sogno era quello di esordire in primera con la maglia deRiver e di segnare per il River. No, perché adesso sto alla Roma.

Avresti potuto fare esattamente lo stesso percorso di Messi
Nessun rimpianto. Il River mi ha preso da chiquito, col River sono diventando grande. Il River ce l’ho nel cuore. Sempre stato suo tifoso? Sempre. Da ragazzino andavi al Monumental a vedere il River? Sempre. In curva? Sì, da quando avevo 7 anni. Giocava il River e io c’ero.

Andresti mai a giocare nel Boca Junior? 
Come???? Nunca! Mai. Mai. Neanche se fosse l’ultima squadra al mondo.

Cos’è River-Boca? Eh… Diciamo che sono i due club più grandi d’Argentina e basta.

Conta sempre la distinzione fra “millonarios” – cioè la squadra d’elite, il River – e il Boca squadra del popolo? No, non c’è differenza di ceto e di classe come dicono.

E cos’è Roma-Lazio? Io finora l’ho visto dalla panchina. Mi piacerebbe giocarlo e mi piacerebbe segnare sotto la Sud. Poi ti saprò dire qual è “più derby”.

Al River eri molto legato ad Almeyda, laziale: ti ha ma detto niente di Roma e della Roma? Matias è un amico, abbiamo condiviso il dramma della retrocessione del River. Mi ha parlato dell’Italia, della città di Roma che è splendida. E Roma è splendida. Il Colosseo è magnifico, anche il Vaticano, la luce che c’è… Se vuoi saperlo Almeyda non mi ha parlato male dei tifosi della Roma e della Roma, anzi era contento del mio trasferimento in giallorosso.

Quando hai saputo di essere un giocatore della Roma? 
Quando il procuratore me lo ha comunicato

La prima persona alla quale lo hai detto? A tutta la mia famiglia. Vivo con loro, vivo per loro. A pensarci, la prima-primissima persona alla quale l’ho detto è stata mio padre. Mio padre ce l’ho nella pelle. Non è un modo di dire, oltre a un tatuaggio per la nonna che non c’è più, un altro è con le iniziali di papà.

Tuo padre è stato un giocatore di calcio? Di calcio a cinque. Anche io ho giocato a calcetto. Dalle mie parti è normale. Da chiquito non facevo che giocare con la pelota.

E’ per quel motivo che giochi tanto con la suola? No, perché per me è normale.

Tanti ti hanno definito “Speciale”. Un giocatore speciale è Totti, non io. Anzi tutti alla Roma sono speciali. Anche Sabatini ha detto che sei speciale.

Sabatini s’è speso tanto per te, cosa ti ha detto per convincerti a venire alla Roma? Mi ha detto tante cose, ma nessuna per convincermi a venire alla Roma. Non si deve convincere nessuno per venire a giocare nella Roma.

A Roma verso di te c’è una sensazione particolare e nuova. Quella di avere tra le mani veramente un fuoriclasse, e così giovane. C’è anche la paura che un giorno qualcuno uno così… speciale possa portarselo via. Per esempio, se tornasse il Barcellona a richiederti cosa faresti? 
Io sto alla Roma, non penso ad altro. Parlarne sarebbe pure sbagliato. Sono appena arrivato e devo crescere tanto, devo imparare tanto, devo lavorare tanto. Io qui sto bene e sono felice. Io devo e voglio dare tutto per questa squadra che mi sta dando tutto. C’è una specie di tacito e segreto ordine quando si parla di Lamela alla Roma: “Non ditegli troppo che è bravo, non ditegli che è un campione perché c’è il rischio che si monti la testa”. C’è il rischio? No. Su questo sono sicuro per un semplice motivo.

Quale? Nella vita neanche da ragazzino ho avuto la strada spianata, non è stato tutto facile per me. Io so cosa significa stare in basso e lavorare per salire.

Tuo padre faceva il panettiere. Sì, ma io non sono capace a fare il pane. Stavo lì, vicino a lui ma a parte il fatto che non dovevo mettere le mani nella farina perché era rischioso per le macchine, non ho mai imparato perché giocavo sempre a pallone. Ecco, il pallone è stato il mio pane. A parte Luis Enrique, il tuo allenatore più importante? Gorosito, è lui che mi ha fatto giocare nel River. Luis Enrique. No, non voglio parlarne tanto, sai com’è… Ti dico che con lui giochiamo e giocheremo sempre alla stessa maniera, sia in casa, sia in trasferta, con la prima o con l’ultima in classifica. Questo mi piace. Come persona? Muy bien

Il tuo ruolo? Trequartista. E dove vuole Luis Enrique.

Meglio un assist o un gol? Meglio vincere.

Dove può arrivare la Roma? Lo Scudetto uhm è un po’ lontano… Diciamo al terzo posto.

Ma se vince a Catania? Sì, se le vinciamo tutte lo Scudetto diventa pure matematico. Diciamo che vogliamo arrivare il più in alto possibile. Dove vuole arrivare Lamela con la Roma? A vincere la Champions League.

E’ quello il futuro? Abbiamo un gruppo tanto forte, ci stiamo conoscendo, siamo giovani. Ci crediamo. Ci sentiamo una squadra forte, però dobbiamo lavorare. Sappiamo che dobbiamo lavorare per poter raggiungere qualcosa di grande per questa città.

Tornassi indietro rigiocheresti il Mondiale Under 20 con la caviglia malconcia? No, ho sbagliato, però non è facile dire di no a un Mondiale e all’Argentina.

Hai detto il tuo no per sempre al Boca: e alla Lazio? Lo mismo, neanche alla Lazio andrò mai. Di’ quello che vuoi ai tifosi della Roma. Di continuare così, come fa la Curva Sud.

Ci andresti? In Curva? Sì. Magari ci andrò il prossimo anno per scontare la squalifica della Coppa Italia. E poi i tifosi della Roma sono un po’ argentini.

Quindi, Curva Sud… Olè.

 

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