(G. Randolfi) – Lorenzo Contucci, di professione avvocato, è anche consigliere di MyRoma. E’ uno dei punti di riferimento per la difesa dei diritti dei tifosi.“Portare le famiglie allo stadio”. E’ uno slogan credibile quando un papà non può acquistare un biglietto per il figlio di 5 anni perchè sprovvisto di documento? Ho tre figli, purtroppo conosco bene il problema. Tutto è partito da un decreto ministeriale del 2005 che ha disciplinato l’utilizzo dei biglietti nominativi. Si è pensato che sapere chi si trova allo stadio e soprattutto in quale specifico settore e seggiolino, potesse aumentare la sicurezza. Lo scopo era quello, ma solo in teoria. Ma la cosa ancora più incredibile è che non esiste alcuna distinzione. L’under 14 non è imputabile di reato per nessun motivo. E allora non ha alcun senso legale che per questa categoria il biglietto sia nominativo, nè che per emetterlo sia necessaria la presentazione di un documento.
Diventa estremamente difficile quindi che in questo modo lo slogan possa diventare realtà.
Esattamente. Anzi, adesso la situazione è leggermente migliorata: con la tessera sanitaria il biglietto può essere venduto. Prima era veramente un inferno. Il senso di tutto questo non lo si comprende. E’ proprio il sistema che è vecchio: basta pensare che ancora vige la disposizione secondo la quale si entra gratis allo stadio non in base all’età, ma all’altezza. Il bambino sotto un metro non tira fuori un euro. Ma, se ad un anno s e i u n g i g a n t e , paghi…Non è possibile, non è professionale.
Dopo l’omicidio Raciti è stata intrapresa una legislazione di tipo emergenziale. Sono passati 3 anni da quel tragico evento, ma tutto resta tale e quale…
E’ un problema tipicamente italiano. Ciò che è emergenziale in un dato periodo rimane poi radicato. Nessuno ha il coraggio di tornare indietro. Tutto questo sta contribuendo allo svuotamento degli stadi. Parlo soprattutto per i tifosi magari un po’ meno accesi. Nemmeno la fotocopia del documento va bene: se un gruppo di amici vuole stare vicino durante la partita, tutti devono andare nello stesso momento e nello stesso luogo a comprare il biglietto. E’ normale che poi ci si faccia allettare dall’offerta calcistica delle tv.
La soluzione?
E’ assolutamente necessario tornare indietro. Bisogna rendere facile l’acquisto dei biglietti e l’accesso allo stadio. E poi anche il “fattore coreografia”, fondamentale. Se si permettesse al tifoso ad esempio di accendere un fumone, questo avrebbe anche la funzione di distrarlo. Non ci penserebbe minimamente a commettere un reato.
Dai biglietti nominativi si è arrivati poi alla Tessera del Tifoso…
Non penso sarà eliminata, ma deve essere resa usufruibile da tutti. I problemi sono tre. Il primo di questi è la
privacy: il garante ha dato ragione ai tifosi. Poi c’è l’aspetto dello sfruttamento commerciale: il Consiglio di Stato ha dato ragione ai tifosi. Ma soprattutto c’è la questione dell’articolo 9, secondo il quale chi viene colpito da Daspo non ha più la possibilità di andare a vedere non solo una partita di calcio, ma un qualsiasi avvenimento sportivo. Anche dopo aver scontato la pena. Ecco, chiediamo che si modifichi proprio questo punto: a chi ha regolato i suoi conti con la giustizia deve essere restituita la possibilità di andare allo stadio. Se avvenisse questo, la Tessera del Tifoso diventerebbe tale e quale al biglietto nominativo. E noi potremo sottoscriverla.
Si dibatte spesso su quanto possa essere considerato trasparente lo strumento del Daspo. Ci sono delle storture?
A differenza di quanto accade negli altri paesi, qui è il Questore che prende la decisione di sottoporre a Daspo un tifoso. E’ una figura certamente non imparziale, che rappresenta il Ministero degli Interni. Altrove questi provvedimenti li prende il giudice, quindi una persona imparziale. Il Daspo dovrebbe essere proposto dal Questore per poi essere eventualmente emesso dal giudice.