L’attaccante della Roma Edin Dzeko ha rilasciato un’intervista che sarà trasmessa questa sera alle ore 21.30. Queste le dichiarazioni dell’attaccante bosniaco:
Sulla guerra in Bosnia:
“Quando ero bambino era un periodo disastroso per tutta la Bosnia. Quattro anni di guerra non sono mai facili, io sono nato nell’86 e la guerra è iniziata nel 1991. Forse è stato un bene che fossi così giovane perché non capivo bene cosa stesse succedendo. Mio papà giocava a calcio, non era professionista ma mi ha trasmesso questa passione. Da bambino volevo solo giocare a calcio con i miei amici ma con la guerra era impossibile farlo. Ogni tanto scattavano le sirene e dovevamo rintanarci per ore e ore senza uscire. Non è stato facile però l’amore per il calcio era fortissimo”.
Sugli inizi:
“Le prime squadre in cui giocavo in Bosnia non avevano neanche i campi per allenarsi perché erano state distrutte. Poi un allenatore cecoslovacco che aveva allenato lì mi chiamò per dirmi se volessi seguirlo in Repubblica Ceca e io dissi sì perché in Bosnia non era facile. Sono andato via di casa a 18 anni per la prima volta, mia mamma piangeva ma sapevo che sarebbe stata la scelta giusta. Io volevo imparare e diventare un professionista. E nei primi sei mesi mi ha messo a giocare come un trequartista perché dovevo imparare anche altro, non dovevo solo fare gol. Avevo firmato col Teplice che mi aveva dato in prestito in Serie B: dopo sei mesi mi hanno richiamato”.
Sull’arrivo al Wolfsburg:
“Dopo un anno e mezzo al Teplice ho fatto la mia prima gara in Nazionale, dove sono riuscito anche a segnare. Poi mi hanno detto che Magath mi voleva al Wolfsburg e il mister mi ha convinto ad andare in Germania. All’inizio è stato difficile, gli allenamenti era durissimi, pensavo di non farcela ma nella testa mi è scattata una molla: quando pensi che puoi farcela allora ci riesci, se parti battuto non riesci a fare niente. Il secondo anno è stato incredibile, io e Grafite abbiamo fatto più di 50 gol in due e siamo riusciti a vincere la Bundesliga che in Germania non era una cosa normale. Il Wolfsburg mi ha dato tutto, lì sono diventato un giocatore”.
Sull’esperienza al City:
“Volevo andare in una società più grande. Mi ha chiamato Mancini che mi ha detto che mi voleva fortemente. E in quell’anno si vedeva che il City era una società che poteva crescer molto. Lì c’erano 22 grandi giocatori, la concorrenza era forte e non potevi sbagliare niente, neanche in allenamento. Poi in Inghilterra il campionato era diverso, vanno tutti velocissimi. Nei primi sei mesi ho fatto solo due gol, le prime partite le ho giocate tutte ma non ho fatto bene. Il secondo gol contro il Blackburn però è stato molto pesante e mi ha sbloccato”.
Su Mancini:
“Lui vuole sempre giocare in modo offensivo, non aveva paura a schierare le tre punte e per noi attaccanti questo fu importante. Il secondo anno abbiamo vinto la Premier, dopo 44 anni, in una partita pazza, all’ultimo istante. Il terzo anno invece è stato difficile, non siamo riusciti a giocare come l’anno prima ma siamo riusciti ad andare in finale di FA Cup, dove però abbiamo perso col Wigan. Mancini a quel punto è stato esonerato ed è arrivato Pellegrini che mi ha chiamato dicendomi che voleva che restassi. Così sono rimasto e abbiamo vinto la coppa e il campionato. L’anno dopo però ho giocato poco, desideravo cambiare aria.
Sul trasferimento alla Roma:
“Volevo venire in Italia, dopo le esperienze che avevo fatto. Qui a Roma c’era Pjanic, poi Sabatini mi voleva tantissimo e mi ha convinto. A Roma se vinci due partite vinci lo Scudetto, poi se ne perdi una va tutto male. Al City Jovetic mi aveva detto che in Italia sarebbe stato difficile ma che se avessi segnato tanto sarei stato come un Dio. Il primo anno è non è stato facile sentire le cose che mi hanno detto ma giocavo male, quindi le critiche ci stavano. Molti pensavano che sarei andato via ma io sono venuto qui per fare grandi cose, non sono il tipo che se ne va dopo un’annata fatta male. Volevo dimostrare di essere forte. Ho imparato molto dalla Serie A e molto anche da Spalletti, sui movimenti che un attaccante deve fare: come centravanti ho imparato più qui che in Germania e in Inghilterra”.
Su Totti:
“Anche se lui non ha giocato molto quest’anno, per me era molto importante. Mi ha fatto degli assist incredibili, il gol che mi ha fatto fare con la Sampdoria ha cambiato tutto”.
Sugli obiettivi futuri:
“Il sogno adesso è vincere lo Scudetto con la Roma. Qui vivono per questa squadra. Ho vinto il campionato in Germania e in Inghilterra ed è stato bellissimo, ma vincere a Roma sarebbe diverso e più bello. Come dicono qui, se riesci a vincere a Roma diventi Dio e sono curioso di vedere cosa succede se dovesse capitare”.
Fonte: Premium Sport