(E. De Franceschi) C’erano i tempi in cui Maradona pennellava la palla destinandola all’incrocio dei pali contro ogni legge della fisica. C’era una volta Platini che faceva sognare gli juventini (e non solo). Tornando più indietro negli anni, c’erano Mazzola e Rivera. E poi, fino all’altro ieri, c’era Totti. Oggi che pure lui ha lasciato il calcio giocato, la serie A si scopre orfana dei numeri 10.
La Roma, appunto, ha la maglia che tutti sognano vacante e lo resterà ancora per un bel po’. Lo stesso la Juve, una volta che ha abbandonato Del Piero. Nell’Inter degli ultimi anni la “10” è finita sulle spalle di giocatori che non hanno lasciato il segno, buon ultimo Jovetic. Stessa cosa al Milan, dove la scorsa stagione il 10 è stato addirittura un giapponese (Honda) transitato a Milano per sbaglio. Alla Fiorentina, dove un grande 10 come Baggio se lo ricordano ancora, stanno per salutare Bernardeschi, non senza rabbia e rimpianti. Al Napoli quel numero magico è fermo al Pibe de Oro. Un calcio italiano prigioniero di tattica, schemi, numeri e diagonali difensive, sarebbe bello ripensare alla fantasia, alle magie in campo, alla voglia di divertirsi. Voglia di numeri 10. Appunto.