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Il Tempo Lo stadio si blocca un’altra volta

(F. M. Magliaro) Se pensavate che il vincolo architettonico sull’Ippodromo di Tor di Valle fosse archiviato, beh, ricredetevi: il vincolo c’è, è vivo e lotta insieme a noi. Ovviamente, contro il progetto della Roma di costruire, al posto del vecchio ippodromo progettato da Julio Lafuente, il suo nuovo Stadio, con annessi e connessi. Il direttore generale per l’Archeologia, le Belle arti e il Paesaggio del Ministero per i Beni culturali e Turismo, Caterina Bon Valsassina, considerata fra le più preparate funzionarie del Mibact, 5 giorni fa, il 18 luglio ha scritto una mezza paginetta di lettera ufficiale (protocollo 20879) e l’ha spedita alla Regione Lazio, ai rappresentanti unici in Conferenza di Servizi dello Stato (Carlo Notarmuzzi), della Regione (Demetrio Carini), della Città metropolitana (Massimo Piacenza) e del Comune (Fabio Pacciani), più a una pletora infinita di società varie, da Acea a Terna, da Fastweb a Tim, da Ferrovie a Snam Rete gas e così via. La lettera dice, in sintesi: visto che Italia Nostra ha presentato ricorso «a questa Direzione generale» contro la decisione di non apporre il vincolo sull’ippodromo presa «dalla Commissiore regionale per la tutela del patrimonio culturale del Lazio», si comunica che, ai sensi delle norme contenute nel Codice dei beni culturali, «la proposizione del ricorso comporta la sospensione degli effetti del provvedimento impugnato e si applicano in via cautelare le disposizioni previste». Insomma, anche se il prossimo 6 agosto i diversi uffici arrivassero addirittura a dare subito il via libera al progetto Stadio, così come auspicato proprio da Pallotta pochi giorni fa, il progetto resterebbe comunque bloccato fino alla decisione sul ricorso che, secondo la norma, deve essere assunta dal Ministero entro il 17 settembre. E già da parte dei proponenti si sta predisponendo la risposta con le osservazioni contro questo ricorso, ma, fino a che il Ministero non deciderà, tutto fermo. Nessuno può toccare una sola pietruzza dell’Ippodromo. Nel 2014, in piena epoca Marino, quando venne convocata la Conferenza di Servizi preliminare la Soprintendenza, che in quel momento aveva l’obbligo di comunicare l’avvio del vincolo architettonico sull’Ippodromo, si limitò a scrivere un parere in cui si evidenziavano «le problematiche legate ai vincoli paesaggistici», alla richiesta di scavi di «archeologia preventiva», all’espressione di «criticità legate alla viabilità, alle trasformazioni delle anse del Tevere, alla continuità percettiva dei luoghi».

Insomma, dell’Ippodromo nessuna menzione: per la Soprintendenza era come se non fosse mai esistito. Tutta l’attenzione era centrata sull’altezza delle tre torri di Libeskind e sulla amena bellezza di una delle aree verdi più degradate della città. Improvvisamente, però, nel novembre 2016 la Soprintendenza si accorge che esiste addirittura un Ippodromo. Chissà, magari alle Belle Arti non era piaciuto nemmeno Steno e il suo celeberrimo «Febbre da Cavallo»! Margherita Eichberg, la soprintendente che decise l’avvio delle procedure di apposizione del vincolo, si confessò proprio a Il Tempo il 19 febbraio scorso: «Quando è arrivato il progetto definitivo (nel 2016, ndr) ci siamo resi conto dell’importanza di queste tribune. Nel 2014 è arrivato in Soprintendenza uno studio di fattibilità. C’era in linea di massima descritto quel che doveva esser fatto; l’ippodromo era descritto in maniera molto molto sommaria quindi non ci siamo accorti di quello che si trattava. Non era chiarita, non tanto la demolizione dell’ippodromo quanto il suo valore. In questo i proponenti sono stati superficiali perché non volevano attirare l’attenzione su un’opera di architettura contemporanea». Insomma, nel 2014 in Soprintendenza non sapevano nulla di Lafuente, dell’ippodromo, del Mandrake e del Pomata. E la colpa era della Roma che non aveva detto: ehi, Soprintendenti, questo Ippodromo è un gioiellino ma noi vogliamo distruggerlo! A spiegar meglio l’arcano fu, il 21 febbraio, poco meno di tre settimane prima della prematura scomparsa, Giorgio Muratore, architetto, professore e insigne studioso e amico personale di Lafuente: «Incontrai la Eichberg a metà novembre, a Roma, alla Casa dell’Architettura in occasione di un convegno su Giuseppe Perugini. Credo che avesse già istruito il vincolo, è una mia ipotesi, vincolo che io ho solo sollecitato». In mezzo, anche allora come oggi, Italia Nostra: il 31 gennaio, infatti, l’Associazione invia alla Eichberg una richiesta per apporre il vincolo. Che pochi giorni dopo, infatti, parte ufficialmente. Ed è sempre Italia Nostra che, lo scorso 19 giugno, presenta il ricorso alla Direzione generale del Ministero contro l’archiviazione del vincolo. Il gioco dell’oca, quindi, ricomincia dalla casella 1!

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