James Pallotta da Boston ha lanciato missili pure verso la Milano che si è portata via il suo direttore sportivo e il suo allenatore. Il presidente – scrive la Gazzetta dello Sport – costruisce un ritratto assai preciso del vicolo cieco in cui s’era andato a infilare Spalletti a Roma. «Io lo amavo, però la stampa lo ha fatto impazzire – ha raccontato Pallotta –. Lui pensava spesso ai media, voleva solo litigare con loro. Io andavo nel suo ufficio e dicevo “Luciano come va oggi?», poi uscivo. E lui andava da qualcuno a chiedere “cosa pensi che significhi?”». C’è il rancore di un presidente che s’è sentito sedotto e abbandonato per motivi che neppure lui, all’inizio dell’avventura, pensava potessero davvero esistere.
In fondo, non si pensava potessero esistere neppure dubbi su Walter Sabatini, almeno a leggere i numeri di una società che, all’arrivo del d.s. nel 2011, aveva un parco giocatori patrimonializzato per 34 milioni di euro, cifra che invece ora è cresciuta a oltre 200 milioni. Ecco perché Pallotta appare un po’ ingeneroso quando dice: «Avevo perso molta fiducia in Sabatini dopo i primi due anni. I primi due anni sono stati ottimi, ma avremmo dovuto costruire su quelli e invece lui continuava semplicemente a fare scambi».
Botta e risposta, Sabatini non s’è fatto pregare e all’Ansa ha rilasciato queste dichiarazioni: «Nonostante la sfiducia che Pallotta oggi lamenta ho quindi dovuto e voluto completare la campagna acquisti che per sua fortuna ha portato la mia squadra ad ottenere 87 punti in campionato e a garantire 120 milioni di introiti al 30 giugno, permettendogli di passare un’estate esaltante come si evince dai giudizi espressi su cose e persone».