(E. Menghi) La nuova vita di Totti comincia adesso. Un ufficio a Trigoria lo ha sempre avuto, sulla porta c’è la targhetta col suo nome, dentro una scrivania, un computer e sulle pareti foto e cimeli appesi. La sua carriera incorniciata. È un luogo storico, quasi sacro per gli «abitanti» del Bernardini, che inizieranno a vedere più spesso Francesco da quelle parti. Resta difficile immaginarlo seduto comodo a smanettare sul pc, magari vestito elegante. Ed è lo stesso Totti a non vedersi in quei panni, motivo per cui ci ha messo tanto a stringere la mano di Pallotta e firmare il contratto che lo lega per altri sei anni alla Roma. «Farò il dirigente», è l’unica cosa concreta che ha saputo dire davanti a una telecamera, senza entrare nel merito del ruolo che ricoprirà d’ora in poi.
Il processo d’inserimento sarà graduale, nessuno gli ha imposto una scadenza per presentarsi in ufficio a timbrare il cartellino e allora lui si è goduto le vacanze come non faceva da un quarto di secolo. Niente ritiri, niente gradoni o corse nei boschi, niente periodo d’apprendimento delle tattiche dell’allenatore di turno. Francesco ha passato l’estate con Ilary (lei sarà impegnata da settembre a condurre la nuova stagione del Grande Fratello, per cui sta girando degli spot a Sabaudia), la famiglia e gli amici di sempre, negli ultimi giorni si è rilassato tra mare e tornei di paddle. Una routine tutta nuova per lui, abituato alle ferie brevi e alla settimana di depurazione nella clinica di Merano prima di presentarsi al raduno.
I progetti sono cambiati, scattato il mese di agosto per l’ex numero 10 è arrivato il momento di fare ritorno a casa e cominciare a prendere confidenza con il suo futuro. Si muoverà tra l’ufficio e il campo, scruterà da vicino i meandri della Trigoria che non conosce, quella che si affaccia sul rettangolo verde e lavora nei dintorni. Dove, come e quando lo deciderà lui, ha carta bianca e può scegliere il vestito che gli calzerà meglio in quello che sarà un anno di passaggio tra una vita e l’altra, tra l’essere giocatore e l’essere dirigente. Lo farà piano piano, con i tempi che riterrà giusti. Potrebbe cominciare prima della tournée della squadra in Spagna, in programma dal 9 al 13 agosto. Un posto sul volo per Siviglia ci sarebbe, ma al momento non è previsto che parta con i giallorossi e con Monchi, che farà da padrone di casa nella città in cui ha lasciato un pezzo di cuore. Farà parte del gruppo in partenza la new entry De Sanctis, che da domani (giorno della ripresa degli allenamenti e della presentazione alla stampa di Pellegrini) diventerà operativo a Trigoria: il club manager è pronto per cominciare la sua nuova avventura.
Totti poteva farlo già in America, dove aveva pensato di fare una piccola tappa per incontrare l’amico Del Piero in occasione dell’amichevole tra Roma e Juventus, salvo poi ripensarci, e difficilmente si farà vedere in Andalusia, o a Vigo per il secondo test in agenda, il 13 contro il Celta. Il tour stavolta è breve e potrebbe non essere il solo dirigente a saltare il viaggio. Tra 18 giorni inizia il campionato (e lui potrebbe stavolta seguire i giallorossi a Bergamo) e dovrà abituarsi all’idea di guardare le partite da un’altra prospettiva, pur restando «abbonato» agli spogliatoi: perché per Francesco la porta è sempre aperta, anche se farà un certo effetto non leggere più il suo nome sull’armadietto, ma solo sull’ufficio con la scrivania e il computer. Oltre che nella memoria collettiva.
C’è una città pazza di lui che non si stanca di ricordarlo e c’è più di un murales col suo ritratto che ha l’unico difetto di essere soggetto ad atti di vandalismo. Com’è successo la scorsa notte a via Licia, a due passi da Porta Metronia, dov’è nato. «Totti mafia capitale», la scritta che deturpa la sagoma dell’ex capitano, ricoperta di vernice nera. Un paio di settimane fa Francesco era andato a vederlo e aveva lasciato il suo prezioso autografo sul muro, cancellato da una colata di stupidità. Nulla di nuovo, comunque, visto che l’altro murales, quello nel Rione Monti, viene preso di mira spesso e restaurato ogni volta. «Qui non serve il presidente del Coni – dice Malagò – o un cittadino romano, serve solo un minimo di buon senso. Quelli che l’hanno deturpato non sono tifosi di un’altra squadra, ma vandali. Gli stessi che vediamo che si buttano nelle fontane per fare lo shampoo o che spaccano monumenti».