Insieme fecero pure a botte con la polizia e tirarono una bottiglia d’acqua al pubblico dell’Heliodoro di Tenerife, perché l’espulsione del loro amico Maradona li aveva mandati fuori di testa. Centomila pesetas di multa e passa la paura. Monchi un capellone portiere di riserva, Simeone un tipo di 22 anni che, da bambino svezzato da Romeo Anconetani in quel di Pisa, a Siviglia cominciava a diventare uomo. Tre gennaio 1993, a Tenerife non si gioca solo una partita. È tanto di più. È la battaglia tra due filosofie di vita, altrimenti vallo a spiegare agli argentini che la divisione tra i menottisti e i bilardisti è un po’ come da noi parteggiare per Trapattoni o Sacchi. No, non è così. Quel Siviglia lì, con Monchi, Simeone e Maradona, è allenato proprio da Bilardo – scrive la Gazzetta dello Sport -, l’uomo del viene prima il risultato dello spettacolo, pragmatismo e poi tutto il resto. La partita viene caricata a pallettoni nei giorni precedenti, Maradona non fa nulla per evitare le polemiche. In campo, naturale conseguenza, i colpi proibiti si sprecano.
Nel Tenerife gioca pure un giovanissimo Redondo, nel Siviglia Maradona e «l’altro Diego», così veniva chiamato Simeone nelle prime settimane andaluse. Il secondo tempo diventa una caccia all’uomo. Maradona subisce un fallo durissimo a metà campo, si rialza e inveisce contro l’arbitro, che lo espelle. Apriti cielo. Mentre Diego esce, in campo e nei dintorni della panchina del Siviglia succede il finimondo. Entra la polizia, Simeone va a contatto con gli agenti, Monchi dalla panchina si fa prendere la mano e lancia in tribuna una bottiglietta d’acqua, lui che argentino non è ma con Simeone e Maradona aveva legato eccome, compagni di feste e di gioie in quel Siviglia. Finirà 3-0 per il Tenerife, pure con due rigori contro il Siviglia.«Ho visto ladri in guanti bianchi», raccontò Bilardo. Fu necessaria addirittura un’inchiesta del Ministero dell’Interno spagnolo. Risultato? Una multa ai due ex compagni che domani sera si ritroveranno da avversari all’Olimpico.