(A. Ossino) Francesco Totti colpisce ancora. Questa volta però ha messo a segno un colpo fuori dall’Olimpico, tra le aule del tribunale penale di Roma. Perché proprio come aveva riferito l’ex capitano, quelle proferite dai tifosi giallorossi non furono minacce. Ieri infatti i quattro tifosi indagati dai magistrati capitolini sono stati assolti per i reati più importanti che gli venivano contestati. In tre però sono stati condannati a scontare due mesi di reclusione per aver tentato di scavalcare la recinzione in occasione della partita tra Roma e Fiorentina in Europa League, la stessa sfida che segnò l’eliminazione dei giallorossi dalla competizione europea.
I tre ultras «superavano indebitamente la recinzione posta tra il campo di gioco e gli spalti, ponendosi a cavalcioni sulla stessa», recita il capo d’imputazione. «Al termine dell’incontro io ed altri miei compagni di squadra ci siamo recati sotto il settore della curva sud dove i tifosi avevano reclamato a gran voce la nostra presenza con ripetuti cori. Durante questo confronto siamo stati insultati e fatto oggetto di sputi, lancio d’accendini e bottigliette di plastica», aveva raccontato Francesco Totti, negando, proprio come aveva fatto Daniele De Rossi, di essere stato minacciato dai tifosi. Secondo la procura però gli ultras avrebbero «organizzato e gestito le attività violente» e «gli indagati possono considerarsi i mano vratori della curva sud in grado di decidere quando dare inizio e quando porre fine alle attività violente e intimidatorie». Intimidazioni che avrebbero portato «Totti e De Rossi a negare di aver subito minacce (.. ) per timore di subire ritorsioni». Una versione non condivisa dai giudici che non hanno ravvisato l’esistenza di quella contestata «strategia» «che ha posto in essere, già a partire dall’inizio del 2015, molteplici condotte criminose – scrivevano i pm – dirette a creare disordini e a turbare l’ordinato svolgimento delle competizioni sportive in cui è coinvolta la squadra di calcio A.S. Roma, così contri buen do anche a intimidirei giocatori della squadra medesima».
Del resto gli uomini della Digos avrebbero sentito frasi inequivocabili provenire dagli spalti: «State attenti a quando andate in discoteca». E ancora avevano trovato, in occasione del derby con la Lazio terminato con uno spettacolare 2-2, un arsenale composto da molotov, mazze e coltelli nascosti in una macchina a due passi dallo stadio Olimpico: «Presidiata costantemente da un nutrito gruppo di tifosi riconducibile agli ultras “Padroni di casa” della curva sud». E poi le proteste a Trigoria e quelle andate in scena in seguito a un poco entusiasmante 0-0 contro il Chievo. Dinamiche che facevano pensare a una comune strategia. Potrebbe anche essere, ma secondo i giudici non vi è prova che i responsabili siano stati i tifosi imputati. «Siamo soddisfatti ma l’esito era scontato – afferma adesso l’avvocato della difesa, Lorenzo Contucci – semplicemente abbiamo dimostrato che i fatti andarono in maniera diversa».