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Il Messaggero Eusebio, la forza della coerenza

Di Francesco

(M. Ferretti) Fino a tre vittorie fa, Eusebio Di Francesco era quantomeno un tecnico sprovveduto. E, ovviamente, inadatto per la piazza di Roma. Troppo normale; troppo provinciale per indossare la divisa della Roma. Il punto debole della squadra giallorossa, hanno scritto e detto. La Roma non poteva scegliere di peggio, è stato aggiunto. Insomma, un disastro. E Roma, reduce dal record di punti in campionato (e pure da tre tristi eliminazioni nelle coppe) in pessime mani. Tre vittorie dopo, sul carro di Di Francesco sono (già) saliti in centinaia, pronti ad incensarlo fino alla nausea: ma come gestisce bene il gruppo, ma come fa giocare bene la squadra, ma come parla bene in conferenza-stampa. Anche se, il più delle volte, nella variopinta platea le sue parole di calcio non vengono capite. E non certo per colpa sua.

PREGIUDIZI E FALSITÀI nove punti nelle ultime tre partite hanno radicalmente modificato le opinioni sul suo conto, e tra i suoi adulatori di maniera in pochi ricordano che la più bella prestazione della Roma finora è stata quella contro l’Inter, unica sconfitta stagionale della squadra giallorossa. Cioè, la partita per cui era stato messo in croce e bollato come inadeguato. Per settimane, c’è chi, usando poco il cervello o le proprie conoscenze di calcio, ha continuato imperterrito a parlare di Di Francesco come del tecnico più zemaniano in circolazione. Più integralista del boemo stesso. Poi, togliendosi le veline dagli occhi, questi fuoriclasse della critica si sono accorti che i numeri non corrispondevano alle loro certezze di sabbia e si sono zittiti, pronti – vedrete – a rialzare la voce alla prima occasione. Qui, sembra superfluo ripeterlo, non si sta celebrando il più bravo allenatore della Storia della Roma, ma si sta semplicemente sottolineando che ogni tecnico ha bisogno di tempo (e uomini) per mostrare in una nuova piazza il suo campionario.

Di Francesco è passato dalle feroci critiche post Vigo ai generosi applausi post Udinese (e Verona, e Benevento) senza modificare di una virgola il proprio atteggiamento. Facendo restare di melma chi pensava che dopo quella mazzata spagnola oppure dopo la doppietta di El Shaarawy potesse cambiare registro, pensieri e parole. Il discorso, sia chiaro, non riguarda soltanto il tanto celebrato ambiente romano, quello che impedirebbe alla Roma di vincere lo scudetto ogni anno. No, qui si vuole chiamare in causa anche (soprattutto) chi ha già messo la Roma di Di Francesco fuori da ogni discorso sul futuro del campionato. «Juve e Napoli volano, ok: ma le milanesi sono lì», quante volte lo avete letto o ascoltato? Sempre. Certo, si può campare, e pure bene, anche senza la stima degli addetti ai lavori. Anzi, visto quanto era stato detto o scritto fino a tre vittoria fa, alla Roma converrebbe continuare a viaggiare a fari spenti, in incognito, al buio. Perché se si accendesse la luce, lo spettacolo non sarebbe neppure gradevole.

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