La Roma non è più spallettiana, ma non è neppure zemaniana, visto che (Champions compresa) la squadra di Di Francesco non ha subito gol in 4 partite su 6 disputate, ed in quella di sabato, la rete dell’Udinese è arrivata a gara in ghiaccio.
Il presunto integralismo dell’allenatore quindi è evaporato in fretta perché il suo 4-3-3 si è saputo modificare in 3-5-2, 4-2-3-1, 4-2-4 o 4-1-4-1 a seconda delle necessità. Di Francesco ha lavorato sull’attacco. Se Perotti è l’attaccante del ricamo, El Shaarawy è chiamato a stare più vicino a Dzeko, liberando le fasce per le incursioni di Bruno Peres (o Florenzi) e soprattutto Kolarov, mentre Nainggolan è tornato libero di galleggiare tra le linee, supportando così Dzeko e, in fase di non possesso, diventando l’uomo del primo pressing.
Risultato: il bosniaco ha già segnato 6 gol in 5 partite di campionato e la squadra ne ha realizzati 10 nelle ultime 3. Che qualcosa sia cambiato, poi, lo dimostrano i tocchi di palla, scrive la Gazzetta dello Sport. Nelle prime gare chi «guidava» era l’esterno basso (più spesso Kolarov, una volta Florenzi), da due gare invece i palloni giocati passano di più per il centrale della mediana (Gonalons o De Rossi). Da notare un’altra curiosità: se il turnover (Alisson a parte) tocca tutti, c’è un ruolo in cui le sfide sono allargate: l’esterno destro d’attacco, dove si sono alternati ben in 6 (Defrel, Under, Perotti, El Shaarawy, Schick e Florenzi). Morale: adesso la Roma di Di Francesco, 5 match di A disputati, ha due punti in più rispetto a quella di Spalletti di un anno fa (12 contro 10).