«Dopo aver sentito le parole sulla “sceneggiata”, il muro della nostra sinagoga che ospita la lapide dei deportati andava ripulito dalla corona. Il Tevere era la soluzione più facile, e qualcuno doveva provvedere». Chi parla sotto anonimato ha 30 anni ed era tra i ragazzi della Comunità ebraica che ha lanciato nel grande fiume l’omaggio floreale alla Memoria del presidente della Lazio Lotito. «Quel muro è sacro e non può essere vilipeso».
Quindi è stata una reazione di pancia della piazza?
«Esattamente, e non si è trattato di un gesto contro la Lazio ma contro il suo presidente. Chi ha una responsabilità e parla spesso di valori, non doveva venire qui da noi a fare una sceneggiata a uso e consumo delle telecamere. Nella tifoseria laziale esiste anche una parte sana, tra di noi c’è chi tifa biancoceleste, e abbiamo apprezzato il sostegno che ci è arrivato da quella parte sana. Per chi di noi invece tifa Lazio la delusione è stata ancora più forte».
Ad accogliere Lotito al Tempio maggiore martedì non c’era nessun rappresentante della Comunità.
«Ed era giusto così. Le sue parole e quell’audio lo confermano. Noi eravamo già scossi per aver visto la strumentalizzazione di un simbolo importante come Anna Frank. Dopo quanto è accaduto nelle ore successive alla visita, ci siamo sentiti ulteriormente presi in giro. Una reazione da parte nostra era inevitabile e quella corona, con tanto di strafalcione “hai fratelli ebrei” era veramente sbagliata su quel muro».