(A. Angeloni) Qui, Cafu, nel 1999 segna una doppietta e la Roma stravince, 3-1: era il 3 ottobre del 1999, Capello stava costruendo un gruppo che un anno dopo avrebbe vinto lo scudetto. Ma la doppia perla di Cafu stupì tutti, perché il terzino brasiliano era straordinario ma la porta non la vedeva mai, o quasi. La storia si ripete diciotto anni dopo, con un altro brasiliano, Gerson, e sempre qui a Firenze. Non si sa se questa Roma – come quella di Capello – saprà vincere quest’anno, tra un anno, o mai, lo scudetto, ma la doppietta di Gerson, proprio come quella di Cafu, chiama ancora quel sospiro di stupore: wow!! Perché Gerson non solo non aveva mai segnato in giallorosso, ma perché non era nemmeno considerato un titolare. E parliamo di uno che, dalla famosa partita, a dicembre, in cui Spalletti lo schierò a Torino su Alex Sandro, fino a settembre, il brasiliano non aveva più giocato.
LA 10 DI TOTTI Ma come il refrain di Virginia Raggi, il vento sta cambiando signori. E Gerson, al di là dei due gol segnati qui al Franchi, sta pian piano entrando dentro la squadra, anzi c’è entrato da un po’, in punta di piedi. Per la prima volta da quando è in Italia, strapagato da Sabatini e messo in naftalina da tutti, il giocatore sta tirando fuori se stesso. Scusate il ritardo. Ma meglio tardi che mai. C’è chi, come l’allenatore, sta provvedendo a fargli fare il salto in alto, quello che tutti aspettavano ma che non poteva fare quando è arrivato, nonostante fosse accolto e presentato con la 10 dei campioni (che poi in quel momento era ancora di Totti…) e lui campione non lo era, non lo è nemmeno ora dopo questi due gol. La speranza è che lo diventi, ma la strada intrapresa è giusta. Difra lo schiera alto, come lo aveva proposto Spalletti. Ma i presupposti oggi sono totalmente diversi. «Sono davvero felice», sospira il brasiliano a fine partita. «Ringrazio Dio, l’allenatore e tutta la squadra per questo momento che sto vivendo. Ho la fiducia di tutti, sono davvero contento per questi due gol». E tanti di questi gol ancora.