(F. M. Magliaro) – Da una parte c’è la sicurezza di riuscire a portare a casa il risultato e ottenere, in breve tempo, il via libera al progetto Stadio di Tor di Valle. Dall’altra, una sempre maggiore dose di irritazione per i giochini politici che continuano a disputarsi sulla pelle del progetto: fibrillazioni fisiologiche che, però, vengono utilizzate come clava per botte fra i due contendenti, Pd e 5Stelle, ma anche per sgambetti interni allo stesso Pd. I proponenti del progetto non ci stanno ancora a vedere il futuro Stadio della Roma trasformato in un terreno di scontro politico. Il ritornello che ripetono è: «Sarebbe ora di smetterla». Insomma, il vecchio hastag “#famostostadio” rilanciato nuovamente. E certo non sono stati due passi casuali l’uscita di Eusebio Di Francesco sull’importanza che ha lo Juventus Stadium sui risultati finali della Vecchia Signora, né il rilancio, il giorno seguente, di Francesco Totti, per giunta non dal profilo twitter personale ma da quello Official As Roma, a indicare, quindi, una pesante presa di posizione della società di James Pallotta.
«Sì, la storia della litigata la conosciamo anche noi. Noi parliamo quotidianamente con il Campidoglio e ci è stata data la più ampia rassicurazione che quanto avvenuto sia una discussione di poco conto», dicono gli staff dei proponenti. Frasi pronunciate con la più assoluta calma e serenità, a voler rimostrare quanto sia concreta la chanche di portare a casa «un progetto privato fondamentale non solo per la città di Roma per anche per l’Italia» in termini economici e occupazionali. «Un progetto sul quale devono interrompersi questi giochini di contrapposizioni politiche». Anche la storia del vincolo sul diritto d’autore che il Mibact si appresta a riconoscere alla figlia di Julio Lafuente e che potrebbe far perdere tempo prezioso alla Roma in ricorsi, è stata vissuta come una forma di sgambetto politico non dissimile da quella, sempre targata Mibact, del vincolo Eichberg sulle Tribune. La Conferenza dei Servizi langue: dopo la prima seduta del 28 settembre scorso, manca ancora la data della convocazione della nuova riunione. Si susseguono gli incontri bilaterali fra tecnici della Regione e dello Stato, del Comune e della Regione, a volte anche con i tecnici dei proponenti ma tutto sembra racchiuso in una sorta di nebbia densa: dal Campidoglio la voce è che questa partita si stia giocando su livelli politici molto più in alto della sola Conferenza dei Servizi.
«Le preoccupazioni dell’Assessorato alla Mobilità sono infondate perché la Regione Lazio metterà a bando, entro fine anno, i 180 milioni di euro che lo Stato ha stanziato per rifare la Roma-Lido di Ostia. Questo consentirà di avere una linea di trasporto pubblico finalmente all’altezza. La domanda piuttosto dovrebbe essere: come mai da ben oltre un anno la Regione ha annunciato lo stanziamento di questi fondi da parte del Governo ma ancora non è partita la gara d’appalto per rifare la linea? Che cosa stanno aspettando?», è il quesito che sottovoce viene fatto notare dai proponenti. E, ancora: «Questo progetto vale ben oltre un miliardo di euro. A questo punto sarebbe davvero ora di accantonare tutte queste miserie da piccola politica per chiudere la partita e portare a casa investimenti e infrastrutture di cui questa città ha estremo bisogno». Del resto, il direttore generale della Roma, Mauro Baldissoni, lo scorso 20 ottobre, al 32esimo convegno dei Giovani Imprenditori di Confindustria era stato molto chiaro: «Se la luce verde arrivasse oggi, o a 3-4 settimane da oggi, noi puntiamo a chiudere il finanziamento necessario, pulire il sito e avviare i lavori entro la fine del primo trimestre dell’anno prossimo, poi ci sono 26/28 mesi per la costruzione. Quindi tutto questo vuol dire riuscire ad arrivare aprire per la stagione 20/21 ed un piccolo ritardo di una o due settimane vorrebbe dire passare all’anno successivo e perdere una stagione, maggiori costi, minori ricavi, un danno incalcolabile». Tre settimane da allora sono già passate.
Fonte: il tempo