Mi sono ritrovato con il mio amico della buona sorte in prima fila, a pochi metri da loro. Kolarov davanti a me regale. Fazio più dietro soverchiante. Nainggolan dovunque. Barbaro. Le barbe dei guardiani Alisson, in fondo, e Daniele, al centro. Kevin a caccia di scalpi. Dzeko che pare un cigno dopo che Van Basten ha smesso di esserlo. Florenzi di là, il solito vortice dove la maglia si confonde con la pelle. E lui, l’unico, il tanguero, Diego Perotti, la sua danza derisoria e letale nemmeno infastidita dalle mosche. Li ho ascoltati – scrive Dotto sul Corriere della Sera – e ho sentito segreti che non svelerò. Raccontavano di una consapevolezza enorme e di una festa gigantesca di là da venire. Altro non posso dire.