Claudio Ranieri, ex allenatore della Roma e della Juve, è stato intervistato dal Corriere dello Sport in vista del match di questa sera tra Juventus e Roma. Questi alcune dichiarazioni della sua intervista:
Claudio Ranieri ha allenato sia Roma che Juve. Come vede la partita di oggi?
«Molto interessante, tattica, difficile per le due squadre. La Roma perché in casa della Juventus non è mai facile fare il risultato. In campionato ha perso soltanto quattro volte, da quando è stato costruito il nuovo stadio. E’ ritornata in piena forma come solitamente fanno in questo periodo le squadre di Allegri. Va detto però che la Roma, nelle ultime cinque partite, ha fatto undici punti, mentre la Juventus dieci. Però la Juve è la Juve, e mi sembra ricominci a sentire la sua motivazione primaria. I giocatori che hanno comprato si sono inseriti tutti bene e cominciano a mettere le loro qualità al servizio della squadra. La Roma: Di Francesco sta facendo un gran lavoro, si vede che i giocatori si muovono all’unisono. Però, per vincere il campionato, mi sembra che la Roma faccia ancora pochi gol. Ho la classifica qui davanti, ventotto gol segnati e dieci subiti. I dieci subiti vanno bene, anzi benissimo perché ha la miglior difesa, ma come gol segnati è il sesto attacco, sedici meno della Juve. Sarà una partita bella, non vedo l’ora di gustarmela».
Come le sembra il campionato italiano di quest’anno, per la prima volta così equilibrato?
«Mi sembra bellissimo perché ci sono diverse squadre racchiuse in pochi punti. La Lazio deve recuperare una partita, sta a trentatré punti per cui potrebbe arrivare a trentasei. Mi è dispiaciuto per la Sampdoria perché è una squadra che gioca benissimo, ma nelle ultime cinque partite è stata sconfitta tre volte, ha perso dei punti importanti. L’Atalanta è la solita Atalanta, sta facendo bene anche se non come l’anno scorso e questo perché, giocando le coppe, si perdono sempre energie nervose. Però la squadra di Gasperini sta facendo benissimo in Europa e mi auguro possa continuare. Atalanta-Lazio è stata veramente uno spettacolo. Tutte e due le squadre hanno giocato per vincere, molto bene. Gran calcio».
Secondo lei quale è il reparto più forte della Juve e quello più forte della Roma?
«Il reparto più forte della Juve è, me lo faccia dire così, che tutti possono fare gol. È una squadra costruita con grandi campioni. E ora anche dietro cominciano a far quadrare i numeri. Mentre la forza della Roma io credo sia proprio il collettivo. Il lavoro tenace e il credere in quello che chiede Di Francesco. Oggi quella giallorossa è una squadra che sta sempre in trentacinque metri, compatta, i giocatori fanno correttamente quello che devono. A inizio stagione nessuno puntava sulla Roma di Di Francesco come possibile leader del campionato. Ora devono ricredersi tutti. Merito della società, dei giocatori e di un allenatore giovane e saggio».
Come ricorda la Juve e la Roma che ha allenato?
«Sono state due squadre differenti. La Juve l’ho presa il primo anno dopo la serie B. Non c’era ancora questa società, non c’erano ancora questi dirigenti, per cui era tutto nuovo. Aver conquistato il primo anno il terzo posto è stato un buon risultato. Sentivo chiaramente che era una società super organizzata, dedicata alla vittoria. Quell’anno io non avevo i dieci, dodici campioni che aveva avuto chi c’era stato prima di me, in serie A. A Torino si capiva comunque che bisognava sempre vincere. E al primo anno dopo la serie B raggiungere subito la Champions fu considerata giustamente una vittoria. Alla Roma io sono arrivato a fine ciclo, ho preso la squadra a zero punti alla terza partita e siamo arrivati a trenta minuti dallo scudetto. Trenta maledetti minuti».
Quanto è difficile vincere a Roma? Quanto è facile vincere a Torino?
«Come ho detto prima, a Torino se hai vinto hai fatto il minimo. A Roma vinci una partita e sei un eroe, ne perdi una e non sei nessuno. Purtroppo abbiamo questa mentalità, sbagliata. Ma riusciremo a cambiarla, ne sono sicuro. La forza dell’allenatore deve essere dimenticarsi di vivere a Roma e tirare fuori sempre il massimo dai propri giocatori. Avere giocatori con la voglia di vincere, motivati, perché l’allenatore può essere ambizioso, capace, ma il massimo che può ottenere è il cento per cento del proprio giocatore. Però se hai giocatori che non hanno motivazioni grandi, il cento per cento di un giocatore non motivato è sempre poco».
Quale Juventus-Roma che lei abbia vissuto da giocatore o da allenatore ricorda?
«Per la Juventus quando giocammo a Roma e vincemmo 4-1. E lo stesso per la Roma quando andammo lì e vincemmo con un gol di Totti e uno di Riise negli ultimi minuti».
Della Juve e della Roma che lei ha allenato, un giocatore che le sia rimasto particolarmente impresso per le qualità tecniche o per quelle umane..
«Della Juventus dico subito Del Piero. Per come si allenava, come curava il suo fisico, la sua preparazione: era un meticoloso, un professionista esemplare. E poi Chiellini per la sua umanità, per la sua voglia di arrivare, infatti ancora è ai vertici. E Gigi non lo menziono neanche. Non lo dico neanche che uomo è. Penso che ormai lo abbiano scoperto tutti che è più grande come uomo che come calciatore. E tutti sappiamo che campione sia… Nella Roma invece Francesco. E’ stato un giocatore incredibile, tante volte gli dicevo: «Dai, fermati qua, facciamo un po’ di punizioni». E lui: «Dove vuole che la metto la palla? Lì all’incrocio?». Boom, tirava, e la metteva dove aveva detto. E anche De Rossi. Daniele, anche se ha vissuto quando c’ero io un momento particolare, è un giocatore di grossa intelligenza e di peso nello spogliatoio».