(A. Austini) La storia del calcio, della Juve, della Roma e anche un po’ della vita. Tutto racchiuso dentro un maledetto pallone, quel maledetto attimo in cui Patrik Schick, l’uomo che ieri sera doveva giocare nell’altra squadra, si ritrova solo davanti a Sczcesny e può cambiare un campionato intero. E invece no, non c’è niente da fare, succede sempre che va bene alla Juve e male alla Roma, i momenti di svolta non capitano quasi mai e, quando succede, prendono una piega a senso unico.
Immaginate: Benatia e Chiellini regalano un assist all’attaccante ceco che pareggia al 94’ e cancella l’ennesima vittoria costruita coni denti dalla Juventus. Per la Roma sarebbe stato un mezzo trionfo, la classifica direbbe lotta a tre per lo scudetto e Monchi sarebbe diventato il direttore sportivo-eroe che ha soffiato ai rivali l’attaccante decisivo. Invece no, il Natale giallorosso è una tavolata piena di rimpianti, di imprecazioni, di «ma come ha fatto Schick a sbagliare». E giù analisi, processi, «maledetto Monchi che ha speso 42 milioni per questo bidone invece di tenersi Salah».
Dall’altra parte, ovviamente, l’esatto contrario: un altro scontro diretto vinto, il gol dell’ex Benatia, la regia sontuosa dell’altro «traditore» Pjanic e la parata finale del portiere che fino all’anno scorso difendeva i pali giallorossi. La stampa becera bianconera la fa facile: nella Capitale erano perdenti, qui sono diventati vincenti. Oggi magari aggiungeranno: se Schick avesse superato le visite mediche a Torino, quel gol a maglie invertite non l’avrebbe mai sbagliato. Valli a smentire dopo quanto accaduto ieri nello stadio dove la Roma sa prendere solo schiaffi. Otto sconfitte in altrettante gare (compresa una in Coppa Italia), il computo totale di 20 gol segnati a 3 che sembra descrivere un abisso tra le due squadre.
Ma chiunque trovi ancora la voglia di approfondire la questione, sa che in realtà da tre anni il risultato è 1-0 fisso e, mai come ieri, è stato deciso da dettagli. La classifica dice Roma a -6 dai bianconeri e -7 dal Napoli, con una partita in meno dei rivali, quindi tutto è ancora teorica mente in gioco. E non è affatto scontato sia così se si pensa all’enorme gap, questo si, che esiste tra la società Juve e le sue antagoniste. Loro le partite le vincono prima di giocarle in un fortino unico in Italia, che fa tremare le gambe persino a un Nainggolan e trasforma Pjanic in un centrocampista di carattere. Senza parlare dell’indotto economico garantito da questo maledetto (per la Roma) Stadium, anche adesso che si chiama Allianz. E ora? Di Francesco dice di non arrendersi e, semmai, di prendere coraggio dalla prestazione. «Peccato, Schick ne segnerà altri in futuro. Abbiamo bisogno – spiega il tecnico – di positività». Ma non sarà facile convincere la squadra a sentirsi all’altezza di chi sta davanti, con l’aggravante di aver buttato al vento in quel modo la Coppa Italia.
Quattro giorni devastanti per la stagione giallorossa. Se la difesa, stavolta sostenuta da un Alisson in versione Superman, continua a essere la meno battuta del campionato, in attacco non segna più nessuno. Solo due gol realizzati nelle ultime quattro partite, di cui appena una vinta. L’inversione verso il basso, in realtà, inizia dopo il derby: tre sconfitte con Atletico e le torinesi, altrettanti successi non proprio brillanti contro Spal, Qarabag e Cagliari, due pareggi da mangiarsi le mani a Genova e Verona. Sette gol fatti, sette incassati. Ieri ne bastava uno di Schick per ribaltare il mondo e colorare di giallorosso il Natale. Se ne riparla l’anno prossimo. Prima o poi dovrà succedere.