(C.Festa) – Milan, Inter, e poi Fiorentina, Genoa e forse in futuro la Roma di James Pallotta. Il calcio italiano è di fronte a una rivoluzione che potrebbe portare nel giro di alcuni anni a cambiare la faccia del campionato di serie A: se si esclude la Juventus della famiglia Agnelli, è infatti prevedibile che sui grandi club si concretizzino nuovi azionisti oppure progetti finanziari di rilievo. Così mentre l’Inter e il Milan hanno trovato investitori cinesi, si attendono notizie sul futuro della Fiorentina della famiglia Della Valle e sul Genoa di Enrico Preziosi. Per la squadra viola la trattativa (dove è advisor Credit Suisse) per l’individuazione di un investitore sembra essere ormai ferma, viste anche le alte richieste della famiglia Della Valle. Al contrario per il Genoa, archiviato il negoziato con l’uomo d’affari Giulio Gallazzi, resta sempre aperta la pista di un family office londinese (il Multi Family Office Equity partners), dove sarebbero azioniste alcune famiglie di imprenditori. Ma i riflettori del mondo finanziario sono in realtà puntati sul progetto stadio della As Roma. È qui che si starebbero muovendo grandi banche internazionali e italiane. Il presidente dell’As Roma, James Pallotta, starebbe infatti finalizzando una trattativa con Goldman Sachs (come book runner) e con altri istituti per ottenere un finanziamento volto alla costruzione del nuovo stadio e per la realizzazione delle altre opere adiacenti alla struttura da 52.500 posti a sedere (estendibile a 60mila). L’obiettivo sarebbe ottenere un prestito tra i 300 e i 400 milioni. E la struttura finanziaria che potrebbe essere prescelta per il nuovo stadio della As Roma, come è ormai consuetudine per molti club di serie A, potrebbe essere quella dell’emissione di un bond sottoscritto da investitori istituzionali, con determinate garanzie sottostanti. Anche se, al momento, l’emissione dell’obbligazione per lo stadio non sarebbe ancora stata definita e preferita rispetto a linee di credito più tradizionali.
I legami tra Pallotta e Goldman Sachs sono, del resto, molto forti. La banca d’affari americana, che ha promosso come book runner il bond dell’Inter ma si è rifiutata di rifinanziare il Milan, ha già in pegno il 100% della veicolo Stadio Tdv di proprietà del Neep Roma Holding (la cassaforte che fa capo a Pallotta e che controlla la As Roma). Non è inoltre da escludere che proprio la finalizzazione del progetto stadio della As Roma possa diventare l’ultimo sforzo di Pallotta prima di prendere la decisione di cedere il club giallorosso con il family office Raptor. «Stiamo assistendo nel calcio – spiega Fabrizio Vettosi, economista e fund manager – a un’euforia di riflesso che perviene dai mercati finanziari. Oggi l’accesso diretto al mercato finanziario è molto facile alla luce dell’enorme liquidità in circolazione. I bond sono quindi uno strumento perfetto. Il calcio resta comunque un’industria difficile da gestire e sostenere nell’attuale contesto normativo ed organizzativo. È dunque giusto, come nel caso di Fiorentina e Genoa, che ci sia a volte anche “stanchezza” negli attuali azionisti. Ricordiamoci anche che si tratta del settore industriale più mediatico, dove i tuoi clienti (cioè i tifosi) non si limitano a comprare il prodotto, bensì condizionano la tua vita privata». I riflettori restano comunque sui proprietari cinesi di Inter e Milan: «L’Inter – continua Vettosi- ha dato priorità strategica al taglio dei costi e dal punto di vista degli investimenti è stata estremamente razionale, non comprando praticamente alcun calciatore e rigenerando le attuali risorse attraverso un azzeccato cambio alla guida dell’ Area Tecnica. L’unica cosa che è stata fatta dal lato dei ricavi è stato un maggiore coinvolgimento del gruppo Suning attraverso alcune iniziative di naming e sponsorizzazione. Il Milan, al contrario, ha impostato un piano industriale fondato su un’assunzione di base rappresentata dall’incremento dei ricavi e dalla conquista di nuovi mercati. Sarebbe stato meglio utilizzare le risorse finanziarie diversamente e impostare il piano sul taglio dei costi e su una integrale ristrutturazione aziendale».
Fonte: Il Sole 24 Ore