Venticinque minuti che potrebbero spedire la Roma a ridosso del terzo posto. Dopo i risultati di domenica, l’ondata d’entusiasmo generata dal bel successo contro l’Inter e il rinnovo a vita di Daniele De Rossi, la trasferta lampo a Catania assume importanza capitale per le future ambizioni europee della squadra di Luis Enrique. Stavolta, forse più di altre, la camminata in Sicilia appare quasi come un crocevia vitale per il proseguo della stagione. Senza capitan presente e futuro, con poco tempo a disposizione e i soliti gufi appollaiati sul trespolo ad aspettare il passo falso, i giallorossi si ritroveranno ad affrontare una complicata prova di maturità. Se da un lato le quattro reti rifilate al povero Ranieri hanno riacceso la scintilla dell’entusiasmo e accantonato le critiche del post Cagliari, dall’altro rimane ben evidente l’incognita sulla continuità. Vincere darebbe lustro e certezze al progetto di crescita, non farlo lascerebbe spazio alla solita ridda di voci parasportive e aumenterebbe i punti interrogativi intorno alla gestione tecnica della squadra. A prescindere dai consueti e possibili tumulti ambientali, la Roma ha un bisogno spasmodico di prendere i tre punti e forse, per certi versi, sarebbe importante farlo anche affrontando la partita senza il solito, rigido, integralismo di manovra. Nel paradosso di un’utopia, invocando un qualcosa che non appartiene al dna della creatura che sta cercando di plasmare di Luis Enrique. Non un sogno, piuttosto una necessità. Agli occhi di molti folle, per altri una via parallela alla principale per raggiungere l’obiettivo. Un compromesso che farà storcere il naso a coloro che, nell’arco degli ultimi anni, si sono abituati a vedere la Magica vincere campionati e coppe ma renderà sicuramente più felice chi, al contrario, è fermamente convinto di potersi imporre anche grazie ad un colpo di testa al 94’ su cross dalla metà campo.
A cura di Piergiorgio Bruni